Storica sentenza in tema di fallimento di una associazione non riconosciuta

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 23896/2023 pubblicata il 4 agosto, ha dato ragione al team difensivo di cui ha fatto parte il Prof. avv. Giovanni Battista Barillà in un caso di estensione del fallimento di una associazione non riconosciuta al socio legale rappresentante.

La  Suprema Corte, con la sua sentenza ha cassato senza rinvio la pronuncia della Corte d’Appello di Venezia impugnata in un caso di responsabilità per le obbligazioni contratte a nome di una associazione non riconosciuta poi fallita.

Il fallimento dell’associazione non riconosciuta

La Corte ha stabilito che: «La responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38 cod. civ. è circoscritta alle singole obbligazioni negoziali assunte ed è assimilabile a quella del fideiussore per le obbligazioni del debitore principale. Il fallimento dell’associazione non riconosciuta non comporta il fallimento per ripercussione di chi ha agito in nome e per conto dell’associazione medesima, che si limita a rispondere in via personale e solidale delle specifiche obbligazioni scaturite dall’attività negoziale così posta in essere».

La pronuncia ha portata storica perché ribalta l’orientamento sempre adottato in precedenza che prevedeva l’estensione del fallimento dell’associazione non riconosciuta alla persona del suo legale rappresentante.

La lettera dell’art. 147, comma 1, l.fall. dispone che «La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili».

 

Il fallimento in ripercussione

Il meccanismo, noto come fallimento in ripercussione deriva da una interpretazione fino ad ora maggioritaria della legge fallimentare.

La Cassazione ha invece optato per una lettura restrittiva della norma e stabilito che la tesi dell’estensione del fallimento dell’associazione non riconosciuta al soggetto che abbia agito in nome e per conto della stessa non sia sostenibile, tanto più dopo la riforma dell’art. 147 l.fall.

«Tale norma è infatti ora espressamente applicabile solo alle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro V del codice civile, e, stante la sua portata eccezionale – derogatoria dei principi generali di cui agli artt. 1 e 5 l.fall. – non può essere estesa tout court alle ulteriori fattispecie in cui ricorra, per convenzione o per legge, una qualche responsabilità solidale illimitata per le obbligazioni assunte dall’ente collettivo». 

Grazie questa interpretazione viene superato un orientamento non più coerente con la ratio delle norme ed escluso il fallimento del socio dell’associazione non riconosciuta per estensione del fallimento dell’associazione.

 

Il Ministero chiamato a disciplinare l’home delivery dei farmaci

La questione della dispensazione dei medicinali fuori dalla farmacia torna sul tavolo del Ministero della Salute grazie all’iniziativa di Federfarma che, dopo gli smart locker (armadi intelligenti), propone un interpello sulla liceità delle APP per l’home delivery (consegna a casa).

La sperimentazione sugli Smart Locker per la distribuzione di farmaci

Dopo la prima richiesta di parere sulla legittimità dell’utilizzo di armadi intelligenti (smart locker), si apre una nuova questione sull’utilizzo di APP per la consegna dei medicinali a domicilio (home delivery).  Su questa attività l’Associazione di categoria dei farmacisti chiede nuovamente l’intervento del Ministero.

Numerose farmacie, da Cinisello Balsamo a Reggio Emilia e a Brescia, hanno installato, sin dal 2020, alcuni armadi intelligenti (smart locker) per il ritiro di farmaci da parte dei pazienti. Gli armadietti, refrigerati, consentono al cliente che ha presentato una ricetta, di ritirare il farmaco dopo aver ricevuto un codice dalla farmacia, usando la propria tessera sanitaria.

Prove tecniche di tecnologia IOT (Internet Of Things) al servizio della distribuzione farmaceutica, verrebbe da dire.

Federfarma (l’associazione di categoria che riunisce le farmacie), però, ha proposto un interpello per chiarire se l’uso di questa tecnologia e il servizio in sé fossero compatibili con le norme che regolano la vendita al pubblico di medicinali di uso umano presso l’esercizio fisico e online, oggi disciplinata dall’articolo 112-quater del d.lgs 219/2006.

La Direzione generale del Ministero ha replicato all’Associazione con la lettera di chiarimento «Smart locker nelle farmacie territoriali» e ha chiarito in modo inequivocabile che nessuna interpretazione delle norme vigenti consente all’armadio intelligente di sostituire la dispensazione del farmaco da parte di un professionista, atto che si compone di diverse fasi, quali:

  • la spedizione della ricetta;
  • la individuazione/selezione del medicinale;
  • la verifica finale dell’integrità dello stesso;
  • il dialogo con il cliente;
  • la consegna finale del prodotto.

La richiesta di chiarimento sull’home delivery

Le reazioni a questa presa di posizione sono documentate sempre con puntualità dalla stampa di settore e in particolare da Pharmacy Scanner. La risposta del Ministero rende plastica la ricaduta sull’altra pratica che scorpora il momento della dispensazione da quello della consegna, ovvero il servizio di recapito a domicilio, affidato a un corriere sconosciuto sia al destinatario sia al farmacista e spesso selezionato tramite una APP, noto anche come home delivery.

Anche su questo argomento Federfarma «nell’ambito dell’attività di collaborazione e approfondimento […] ha segnalato al Ministero l’esistenza di piattaforme on line o di APP che svolgono attività di intermediazione tra paziente e farmacie per la consegna a domicilio del farmaco».

Il dubbio riguarda la conformità con il  D.lgs 17/2014 e la circolare del Ministero datata 10 maggio 2015 che consente ad APP e piattaforme di consegnare farmaci che non recano né il bollino né l’autorizzazione regionale previsti per la vendita online dei farmaci con prescrizione ai siti web delle farmacie che vendono online medicinali senza ricetta.

Sulla vendita online di farmaci nel nostro paese leggi anche:

La segnalazione, conclude la circolare dell’associazione, chiede al Ministero l’adozione di uno strumento normativo specifico che regolamenti espressamente la fattispecie di consegna a domicilio dei farmaci, in modo da dare certezza giuridica agli operatori e sicurezza ai pazienti.

Non un no secco dunque, ma una richiesta di certezza normativa a cui hanno aderito anche i player più in vista di questo settore, come Maurizio Campia, AD di Pharmercure, che gestisce una APP di home delivery, la cui opinione è riportata in questa intervista su Pharmaretail.

Le criticità e l’inarrestabile progresso nella distribuzione di dettaglio dei farmaci

Le criticità rilevate dai commentatori si fermano alla coerenza di queste pratiche con il dettato di una legge scritta, per quanto in epoca tutto sommato recente, comunque in tempi nei quali certe novità e certe tecnologie erano ancora molto al di là da venire.

Il mercato della distribuzione farmaceutica è caratterizzato da una regolamentazione a dir poco ipertrofica, che lascia però vuoti normativi, destinati ad essere riempiti dalla realtà e dalla fantasia portata dall’innovazione.

Il faro del legislatore deve essere sempre quello della tutela del pubblico interesse, ogni innovazione che faciliti il reperimento delle cure deve essere valutato attentamente, tocca agli operatori e a tutta la filiera organizzare il cambiamento in modo efficiente.

L’emergenza pandemica ha autorizzato a sbizzarrirsi nella ricerca di soluzioni che evitassero il contatto tra le persone, ma salvaguardassero la sicurezza degli scambi, niente di strano che ora, che l’emergenza è alle spalle, le soluzioni più brillanti cerchino il loro spazio anche nella quotidianità ritrovata.

L’auspicio è che il legislatore tenga nella dovuta considerazione tutti gli aspetti collegati con la consegna (in questo caso intesa in modo capillare) dei farmaci, che richiede, a monte di questo “ultimo metro” notevoli investimenti in strutture e know-how a tutti gli altri player del settore.

 

A cura di Samuele Barillà

Premio Boutique d’eccellenza dell’anno di Le Fonti Pharma allo Studio Legale Barillà

L’avvocato Samuele Barillà ha ritirato il Premio Le Fonti Pharma come «Boutique di Eccellenza dell’Anno – Diritto Farmaceutico» durante la serata di gala organizzata a Milano, Palazzo Mezzanotte il 29 giugno 2023.

La motivazione del premio, attribuito dalla Giuria della Casa editrice Le Fonti – settore Pharma recita: «Per prestare una consulenza di alto livello alle imprese, in particolare nel settore del diritto farmaceutico e della distribuzione del farmaco. Per la tempestività nelle risposte, l’ampia preparazione e il lavoro di squadra».

Cliccare qui per leggere il comunicato ufficiale.

Lo Studio ottiene un riconoscimento alla costanza e qualità del lavoro prestato in questi anni, in particolare, a favore di imprese di distribuzione del farmaco, consorzi e associazioni.

«Sono onorato del riconoscimento che la Giuria de Le Fonti Pharma Awards ha voluto consegnarmi, che premia una carriera dedicata con costanza alla qualità del lavoro in una nicchia molto particolare dell’attività legale, con clienti che si muovono in un contesto di grande complessità i cui risvolti sono molto importanti per la salute di tutti i cittadini».

 

Lo Studio Legale Barillà

Lo Studio, fondato vent’anni or sono, affianca imprese e in particolare distributori farmaceutici e li assiste per tutte le necessità aziendali e societarie, dai rapporti con le farmacie e con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), alla negoziazione e redazione della contrattualistica specifica del settore, come la movimentazione dei prodotti, nella consulenza sulla normativa di settore, nell’assistenza nella gestione del credito, anche nella fase patologica, attraverso il recupero con procedimenti ordinari di esecuzione o nell’ambito di fallimenti o procedure concorsuali.

Lo studio ha sviluppato competenze specifiche nel diritto societario acquisendo una specifica expertise nell’assistenza alle aziende del settore farmaceutico:

  • recupero credito farmaceutico;
  • costituzione societarie, fusioni, acquisizioni e operazioni straordinarie per farmacie;
  • crisi dell’impresa del settore farmaceutico;
  • diritto della distribuzione del farmaco;
  • diritto bancario, finanziario e rapporti con gli istituti di credito.

Lo studio inoltre difende i clienti nei contenziosi avanti all’autorità giudiziaria, in tutti i gradi del giudizio, anche avanti le sezioni specializzate di Tribunali e le Corti superiori (Consiglio di Stato e Corte di Cassazione), anche promuovendo arbitrati, mediazioni o cause per la tutela degli interessi dei clienti.

Un algoritmo predittivo per migliorare le gare e limitare le carenze di farmaci

Un algoritmo predittivo per le carenze di farmaci potrebbe aiutare a costruire le gare

L’Università LIUCC di Castellanza ha sviluppato un algoritmo predittivo per la stima dei fabbisogni legati ad alcuni farmaci presi a campione tra quelli con il brevetto scaduto e appartenenti a tre categorie significative:

  • antibiotico;
  • anestetico;
  • antitumorale.

L’algoritmo è stato presentato nel corso di un Convegno, organizzato da Egualia lo scorso 3 giugno 2023.

Si tratta di fabbisogni normalmente ingenti e per questa ragione, nonostante i tentativi di semplificazione normativa che hanno allargato la possibilità di affidamenti diretti e procedure negoziate, le amministrazioni ricorrono a gare d’appalto per l’approvvigionamento presso le case produttrici secondo le norme del Codice degli appalti.

 

La formazione della gara per l’acquisto di medicinali

Da procedure di acquisto bandite a livello di singola Struttura Sanitaria si è passati nel tempo a raggruppamenti per Aree Vaste, fino a giungere a gare regionali.

Aggregando la domanda, le gare sono diventate sempre più ingenti, spesso cruciali dal punto di vista del business delle imprese farmaceutiche e altamente complesse negli aspetti gestionali amministrativi.

Le Amministrazioni che intendono avviare un processo di acquisto in ambito farmaceutico devono, innanzitutto, muoversi secondo una strategia corretta e approfondita.

Al centro di questa strategia stanno sia la determinazione puntuale e tempestiva dei fabbisogni, sia la sinergia delle politiche farmaceutiche regionali con la gestione del prontuario terapeutico. Le Amministrazioni regionali devono infatti discuterlo con i soggetti preposti alla costruzione dei capitolati di acquisto.

Questa attività è al centro dell’interesse di tutti gli stakeholder che operano nel settore e deve essere implementata e armonizzata, nel rispetto della normativa.

L’armonizzazione garantisce l’appropriata assistenza farmaceutica e al contempo la sostenibilità per il Servizio sanitario nazionale.

I principi che regolano gli acquisti dei beni sanitari

Tutto il percorso di acquisto di beni sanitari deve necessariamente essere costruito e modulato sulla base di principi fondamentali.

Prima di tutto, bisogna considerare che ogni singola Regione interviene in maniera differente e adotta specifiche politiche farmaceutiche e il proprio prontuario farmaceutico (farmaci e dispositivi medici).

Ogni regione adotta anche specifiche scelte fatte dalla commissione di Health Tecnology Assessment (HTA), dalla commissione protesica, e specifici capitolati di gara (farmaci e dispositivi medici).

Non sempre queste attività vengono sviluppate in maniera sinergica all’interno della Regione, e spesso capita che una condizione prevalga sulle altre.

Questo sistema è figlio della regionalizzazione delle competenze in materia sanitaria cui non sono mai state risparmiate le critiche.

I differenti comportamenti territoriali possono generare sperequazioni che costituiscono tra l’altro una variabile non trascurabile nel processo di formazione della gara, come la stessa ricerca della LIUCC ha dimostrato.

 

Come un algoritmo può migliorare le gare per l’acquisto di farmaci

L’approvvigionamento di farmaci è oggetto di stima da parte delle stazioni appaltanti ed è soggetto a comportamenti e scelte altalenanti.

La ricercatrice Emanuela Foglia, a margine del convegno per la presentazione del software predittivo della LIUCC del 3 giugno 2023, ha spiegato come l’analisi abbia evidenziato forti scostamenti fra il consumo effettivo e le richieste di approvvigionamento da parte delle stazioni appaltanti in specifici momenti storici.

In alcuni casi il fabbisogno viene sovrastimato creando gravi disagi alle aziende farmaceutiche, in altri, invece, le gare non coprono il fabbisogno e le strutture sanitarie devono acquistare i farmaci fuori gara a costi maggiori, magari dall’estero e rischiare una qualità inferiore della fornitura.

L’algoritmo della LIUCC, accessibile da una interfaccia web, potrebbe dare un contributo alla soluzione del difficile percorso di efficientamento e creare una sorta di barriera di protezione contro il rischio ricorrente di carenze di farmaci.

Delle difficoltà di gestione su base regionale parlano anche questo articolo  e questo articolo , pubblicati sul Blog di Studio Legale Barillà.

Le buone pratiche di EMA per prevenire e gestire le carenze di medicinali

Si parla ormai da tempo di carenze di medicinali. In questo blog ce ne siamo occupati, tra l’altro, nell’articolo «Farmaci carenti, l’effetto domino che rischia di travolgere i distributori» dello scorso ottobre.

Il problema non è di facile soluzione e il suo perdurare ha spinto EMA (European Medicines Agency) a divulgare un documento di buone praticherivolte all’industria per prevenire l’impatto delle carenze e garantire la continuità della fornitura di farmaci.

«Migliorare la disponibilità di medicinali autorizzati nell’Unione europea (UE) è una priorità chiave per l’EMA e la rete di regolamentazione dei medicinali europei. Carenze o altri problemi di disponibilità di medicinali creano sfide per la catena di approvvigionamento medicale, con un impatto potenzialmente grave sulla salute umana e animale».

Con queste parole l’Agenzia accompagna una serie di interventi a sostegno del corretto approvvigionamento dei farmaci nel continente.

Le raccomandazioni rivolte a produttori, grossisti e distributori riguardano in sintesi:

  1. Notificare con la massima celerità alla competente autorità nazionale la carenza potenziale o effettiva;
  2. Migliorare la trasparenza delle informazioni relative alle carenze;
  3. Incrementare la accuratezza dei dettagli forniti nell’informazione;
  4. Avere un piano preventivo in caso di carenze (ogni player per il proprio ruolo);
  5. Avere un piano per la gestione delle carenze in essere (ogni player per il proprio ruolo);
  6. Ottimizzare i sistemi di qualità farmaceutica per rafforzare l’affidabilità e la resilienza delle catene di approvvigionamento durante l’intero ciclo di vita di un medicinale;
  7. Aumentare la capacità di reazione nella catena di approvvigionamento, tenendo conto delle vulnerabilità già note;
  8. Migliorare la comunicazione tra le parti interessate;
  9. Promuovere una distribuzione giusta ed equa per soddisfare le esigenze dei pazienti;
  10. Adottare le misure appropriate per ridurre al minimo il rischio che il commercio parallelo o le esportazioni aggravino le carenze.

 

Le raccomandazioni di EMA per la prevenzione e gestione delle carenze di medicinali

Le dieci raccomandazioni, secondo EMA, sono la base per l’attuazione di strategie preventive.

È evidente che la necessità di ottimizzare le informazioni, la loro accuratezza e la tempestività nel prevedere le attuali o potenziali carenze sia un obiettivo prioritario.

Secondo EMA, lo sviluppo di piani di prevenzione e gestione delle carenze, l’ottimizzazione dei sistemi di qualità, l’aumento della resilienza della catena di approvvigionamento e il miglioramento delle comunicazioni, sono i percorsi per raggiungerlo.

 

Altre strategie complementari comprendono iniziative internazionali finalizzate ad affrontare le complessità delle situazioni di carenza, tra cui:

  • la strategia farmaceutica della Commissione europea;
  • il rafforzamento, sotto il mandato esteso dell’EMA, della rete del punto di contatto unico europeo (SPOC), che ha facilitato la comunicazione sulle carenze con impatto potenziale su più paesi;
  • legislazione per ampliare il mandato dell’EMA e migliorare il coordinamento delle carenze;
  • l’Azione comune europea sulle carenze, CHESSMEN – Coordination and Harmonization of the Existing Systems against Shortages of Medicines, European Network;
  • l’inclusione della carenza di medicinali nella strategia di rete delle agenzie europee per i medicinali fino al 2025.

L’impatto su legislazione e filiera domestica

Le due crisi, quella pandemica e quella relativa alle materie prime conseguente all’inizio del conflitto russo-ucraino hanno evidenziato che le carenze hanno un effetto domino piuttosto serio sull’intera filiera e penalizzano soprattutto il paziente, destinatario finale dei farmaci.

L’auspicio è che le buone pratiche sollecitate dall’autorità europea portino al superamento, almeno sotto il profilo del coordinamento, di alcune disfunzioni del modello regionale italiano che tanti danni sta facendo alla equa distribuzione delle risorse e alla qualità dei servizi sulla salute.

Un secondo auspicio è che si ripensi alla natura dell’obbligo di servizio pubblico di fornitura di farmaci carenti disciplinato dall’art. 1 comma 1 lett. s Dlgs 219/2006, attuativo della Delibera europea 2001/83/CE.

Dalla natura di questo obbligo (di cui si parla anche in questo articolo), dipendono infatti molte scelte che attengono alla libertà imprenditoriale dei distributori e dei grossisti, già compresse e messe alla prova da un generale aggravamento complessivo delle condizioni di lavoro.

 

 

Il DL semplificazioni e le prime ricadute sulla distribuzione

Il Governo ha dato, alcuni giorni fa, il via libera al decreto di delega sulle semplificazioni, che contiene alcune significative norme per il mondo farmaceutico con rilevanti ricadute in particolare sulla dispensazione di farmaci. Il provvedimento dovrà essere convertito in legge entro 90 giorni e diventerà operativo con l’adozione dei provvedimenti esecutivi e di dettaglio. 

La nota del Governo riassume i provvedimenti adottati in tema di salute, tra i quali: 

  • la digitalizzazione permanente delle ricette mediche, sia quando i farmaci prescritti sono a carico del Servizio sanitario nazionale sia quando non lo sono; 
  • la validità illimitata delle prescrizioni farmaceutiche, terapeutiche, riabilitative e di presidi a favore dei pazienti cronici o con patologie invalidanti; 
  • il frazionamento della consegna dei farmaci al paziente in modo da garantire ogni volta quelli necessari per coprire 30 giorni di terapia; 
  • la semplificazione delle procedure per rendere disponibili medicinali non ancora dotati di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). 

La dematerializzazione e ripetibilità delle prescrizioni per i malati cronici ha un impatto diretto, oltre che sulla vita dei pazienti, anche sul quotidiano dei medici di famiglia e sui magazzini delle farmacie e dei distributori. 

La pratica del “refill” dovrebbe diventare una realtà anche nel nostro Paese e consentire al farmacista di fornire un servizio più puntuale al paziente. 

Come questo si tradurrà sotto il profilo puramente commerciale, sarà oggetto della creatività di chi si occupa del marketing verso il cliente finale, ma è facile immaginare che anche nel rapporto distributore intermedio – farmacista indipendente, questa novità offrirà l’opportunità di approntare servizi tesi a migliorare l’efficienza,  ottimizzando le consegne e i relativi pagamenti. 

Il deblistering, cioé la possibilità che i farmacisti preparino confezioni personalizzate sulla base delle prescrizioni del piano terapeutico (argomento di questo articolo), presenta inevitabili ricadute sul sistema di distribuzione. 

In particolare, con l’entrata in vigore della Falsified Medicine Directive (la direttiva 2011/62 EU), norma tesa alla armonizzazione europea del sistema di tracciabilità dei farmaci, i distributori dovranno tener conto della facoltà dei farmacisti di ordinare stock che verranno confezionati nelle loro aziende. 

Ad esempio serviranno scatole più grandi, bugiardini in numero sufficiente da inserire in ogni confezione, nuove normative sulla sicurezza degli ambienti di stoccaggio, controlli sulle scadenze, e molto altro ancora. 

C’è solo da augurarsi che i vantaggi per i pazienti siano pari all’inevitabile aumento dei costi e che l’adozione dei nuovi standard sia coordinato su base nazionale, come non sembrano suggerire, le corse in avanti di alcune regioni.  

Il passaggio a DPC distribuzione per conto di alcuni farmaci in Emilia Romagna solleva dubbi

Il passaggio a DPC (distribuzione per conto), di numerosi farmaci per malati cronici è considerato strategico da alcune regioni. In particolare ci è tornata l’Emilia Romagna nella sua proposta di rinnovo degli accordi sulla DPC.

La scelta non è nuova, ce ne siamo occupati in questo articolo.  Già con una delibera approvata a fine agosto 2022, la Giunta regionale dell’Emilia Romagna, ha disposto il passaggio di  alcuni farmaci di cura delle cronicità dalla distribuzione diretta alla distribuzione per conto. Grazie a questo passaggio, l’acquisto di questi farmaci di fascia A avviene ora tramite gara e direttamente dall’ASL, come riferito a suo tempo, tra gli altri, da Panorama Sanità.

Secondo la Giunta dell’Emilia Romagna, questa scelta contribuisce a migliorare il servizio per i pazienti cronici.

 

Le obiezioni degli operatori sul passaggio a DPC

Non sono però d’accordo gli operatori del settore che invece vedono, dietro l’operazione, solo un tentativo di ridurre la spesa farmaceutica della regione. È noto infatti che l’Emilia Romagna deve affrontare un disavanzo grave, certamente non derivante dagli attuali criteri di distribuzione dei farmaci.

Lo scotto verrà pagato dalle aziende della filiera che saranno gravemente penalizzate da questa scelta.

La prima annotazione giuridica, sulla delibera è che ha creato disomogeneità nella classificazione dei medicinali a livello nazionale e di fatto limita le opzioni terapeutiche.

La questione della competenza regionale in questa materia torna prepotentemente in primo piano in un momento in cui, invece, la stessa AIFA ha aumentato la prescrivibilità di farmaci ai Medici di medicina generale.

Le associazioni di categoria come:

  • Federfarma
  • Farmindustria
  • Egualia

hanno espresso la loro preoccupazione per questa decisione in maniera molto chiara ed evidenziato come sia insostenibile economicamente per i distributori e per i farmacisti.

 

L’impatto su filiera e comunità rurali

A questa osservazione, senz’altro pertinente, andrebbe aggiunta la considerazione che la distribuzione dei farmaci per malati cronici attraverso la DPC penalizza ulteriormente le già disagiate comunità rurali.
Il malato infatti dovrebbe recarsi ad una delle farmacie ospedaliere (spesso concentrate nei grandi centri), invece di rivolgersi a quella di prossimità, spesso indipendente e approvvigionata da distributori intermedi.

La rilettura della sentenza del TAR Emilia Romagna n. 179/2023 del 24 marzo scorso non rincuora e non spinge a cercare la soluzione giudiziaria al problema,

All’epoca il TAR infatti ha respinto il ricorso di Menarini su una analoga delibera che riguardava alcuni farmaci per il trattamento di patologie polmonari. Nel farlo ha invocato il decreto n. 347/2001 che appunto offre la possibilità alle Regioni di decidere sulla distribuzione diretta di farmaci non già inseriti nel PH-T (prontuario della distribuzione diretta Ospedale – Territorio).

Il Tribunale ha affermato, peraltro, che non verrebbe penalizzato il paziente, costretto a pagare il farmaco a prezzo intero, perché il meccanismo di approvvigionamento tramite gara consente già di applicare il prezzo migliore. Considerazione, quest’ultima, totalmente opinabile.

Sia dal punto di vista dei farmacisti indipendenti, che dei distributori intermedi, quanto evidentemente di alcune società produttrici, questa scelta è penalizzante perché non adottata in maniera equa e rispettosa delle esigenze primarie dei pazienti e di tutta la filiera.

La sintesi riferita a Farmacista33.it di Federico Conte, Presidente nazionale di Farmacieunite, sul passaggio alla DPC (distribuzione per conto), fornisce una chiosa efficace e condivisibile

Dice Conte: «Le ripercussioni di una scelta come quella prospettata dalla Regione Emilia-Romagna, che mi auguro possa essere riconsiderata, saranno disastrose non solo per le farmacie ma anche per i cittadini che, per avere i soliti farmaci, dovranno tornare più volte in farmacia con possibili ripercussioni sull’aderenza terapeutica. Con scelte discutibili come quella che stiamo commentando si rischia concretamente di scardinare un sistema di distribuzione del farmaco universalmente riconosciuto come efficiente».

 

avvocato Samuele Barillà

Il direct-to-pharmacy e la convenienza (solo apparente) per le famacie

#direct-to-pharmacy

La pandemia ha lasciato strascichi pesanti sulle nostre vite e ha condizionato interi mercati, primo fra tutti quello sanitario e farmaceutico.

I cambiamenti che l’emergenza ha imposto si associano alle ricadute più pesanti, frutto di scelte politiche passate che, come la ormai cronica carenza di medici e personale sanitario, tengono il comparto in un continuo stato di stress.

 

La distribuzione schiacciata tra case farmaceutiche e vendita diretta

La concorrenza di fatti noti e meno noti, visibili e meno visibili sta producendo conseguenze destinate a segnare l’intera filiera e in particolare la tenuta del comparto della distribuzione.

Grossisti, distributori intermedi e, con loro gli stessi vettori, pagano più di altri le conseguenze di scelte sbagliate e di crisi più o meno fisiologiche, come quella energetica, che ha elevato significativamente i costi della logistica.

 

L’arrivo della FMD, la crisi energetica e non solo richiedono investimenti da parte dei distributori

Prepararsi a nuove modalità di tracciamento e contrastare la concorrenza di altri player significa investire in tecnologia e nel potenziamento di tutta la struttura in un momento in cui i margini si riducono e il mercato assiste a oggi fenomeni articolati e complessi come:

l’ingresso dei grandi gruppi (catene) nel mercato;

la vendita di farmaci nella GDO (grande distribuzione organizzata);

l’aumento delle vendite di farmaci online;

– l’aumento del fenomeno del direct-to-pharmacy, cioé la vendita diretta da produttori a farmacie.

Su questo ultimo punto, in particolare, si concentra il dibattito degli ultimi giorni.

 

I numeri del direct-to-pharmacy sono in crescita, non lo è il guadagno

La pubblicazione del White Paper  del Consorzio Dafne  «Logistica Distributiva Healthcare, Il focus sui flussi della Distribuzione Primaria», fornisce dati importanti che evidenziano l’aumento della mole di traffico di farmaci dalle case produttrici alle farmacie, a scapito di quello inviato dai grossisti e distributori (ordini a video e transfer order), che sono in calo significativo.

La crescita del volume del traffico diretto, in gergo “direct-to-pharmacy”, arriva al 30% e questo dato impensierisce la distribuzione intermedia. I dati sono confermati anche da Iqvia, come riporta la stampa di settore.

I farmacisti che hanno cominciato ad acquistare direttamente dalle case produttrici durante la pandemia, hanno la sensazione che l’aumento di marginalità dovuto alla disintermediazione, realizzi per loro un vantaggio duraturo, destinato a tradursi in aumento di utile.

Come però gli osservatori più attenti notano (tra questi la prof. Mallarini intervistata da Pharmacy Scanner), questo vantaggio è solo apparente e destinato a sgonfiarsi ben presto.

 

La convenienza solo apparente delle forniture direct-to-pharmacy

La questione è da una parte strettamente economico/finanziaria e dall’altra ha rilievi strategici per le ricadute sulla gestione interna alla farmacia e sull’impoverimento della filiera.

Il farmacista che si approvvigiona direttamente dalle case farmaceutiche aggrava la propria gestione interna dovendo interloquire con un numero maggiore di fornitori.

Deve anche valutare il margine in termini di capacità di gestione delle giacenze e dei flussi di rivendita, con il risultato che rischia di impiegare complessivamente maggiori fondi, anche se il margine sulla singola confezione appare più conveniente. Il costo indiretto di stoccaggio, sulle grandi quantità, anche per compensare e prevenire le carenze grava ora sulla filiera e lascia sostanzialmente indenni farmacisti e consumatori finali. Non è così nel caso di approvvigionamento diretto.

L’acquisto diretto, nel medio lungo periodo implica inoltre, per il farmacista, l’onere di soggiacere alle scelte di marketing del produttore che avrà mano libera nel proporre formule, abbinamenti, quantitativi a suo piacimento.

Se i distributori dovessero soccombere, inoltre, le farmacie indipendenti e, tra queste soprattutto quelle rurali, resterebbero senza fornitori e subirebbero un danno economico diretto incalcolabile, per non parlare del riflesso pesantissimo sulla efficienza dell’intero sistema a carico dei pazienti / utenti finali.

La crescita del mercato degli equivalenti è, a sua volta, direttamente legata alla capacità dei grossisti e dei distributori di gestire magazzini, carenze, stoccaggi e capillarità della distribuzione. Al singolo farmacista, come alla catena di farmacie, non è dato grande margine di manovra in questo senso.

Durante il biennio pandemico, per fare fronte all’emergenza, era stato consentito alle farmacie di fare ordini di scarsa entità. Con il ritorno alla “normalità” le case farmaceutiche ricominciano ad alzare le soglie degli ordini minimi con gravi riflessi sulla esposizione finanziaria degli acquirenti.

Non tutti i farmacisti possono avere spalle abbastanza larghe da sopportarne le conseguenze e anche per questa ragione dovrebbero approcciare con prudenza la scelta di disintermediare l’approvigionamento.

Se le catene aprono i propri magazzini i distributori dei farmaci devono preoccuparsi?

Da quando c’è stata la liberalizzazione del capitale nel mercato delle farmacie nel 2017, ad opera della Legge 124/2017 ,  i player del mercato della distribuzione dei farmaci italiani hanno avviato operazioni di acquisizione di shares nelle farmacie con l’intenzione di integrare il proprio mercato.

L’operazione, non peregrina, ha dato risultati ma non ha avuto gli effetti dirompenti che ci si aspettava, anche per la flemma con la quale il piano è stato posto in essere.

Lo scenario ora sembra poter cambiare velocemente, grazie al “sorpasso” che le grandi catene potrebbero realizzare.

Le catene di farmacie aprono magazzini di distribuzione dei farmaci

È di pochi giorni fa la notizia, pubblicata dalla testata Pharmacyscanner , che il gruppo Hippocrates stia aprendo un magazzino per la distribuzione di 10 mila metri quadrati.

La dimensione non spaventa, si tratta di una stazza perfettamente in media nel settore, quanto piuttosto la strategia che potrebbe sottendere.

Due domande sorgono spontanee:

  • i grandi gruppi sono stati forse sottovalutati ed hanno intenzione di entrare nel mercato della distribuzione?
  • se si preoccupano loro di rifornire le farmacie di proprietà o aderenti al network, allora i distributori saranno esclusi da questo mercato?

Va da sé che, per quanto rapida ed efficace, una politica di espansione dei gruppi nel settore della distribuzione, non sarà – di per sé sola- in grado di tagliare fuori i distributori dal mercato in riferimento ai punti vendita delle farmacie aderenti al network o di proprietà del gruppo stesso. Si stima che le farmacie si possano approvvigionare da circa quattro distributori, per ragioni diverse che hanno a che fare con le complesse variabili di questo settore:

  • disponibilità del farmaco;
  • distribuzione territoriale delle farmacie;
  • appartenenza dei farmaci a diverse categorie;
  • e altro ancora.

Resta il fatto che la filiera e in particolare i distributori indipendenti dovrebbero preoccuparsi di questo scenario.

 

Il fenomeno in numeri

I numeri riportati nell’articolo citato sono importanti, se valutati nel loro complesso e riguardano una distribuzione territoriale diffusa e capillare, in grado di modificare, e non di poco, l’attuale realtà della catena distributiva: «Le catene di proprietà, in particolare, annoverano il 6,5% delle 19.500 farmacie esistenti in Italia, le reti dei farmacisti indipendenti invece mettono assieme l’11% degli esercizi in attività» (fonte Pharmacy scanner)

Dalla velocità dello sviluppo di questa modalità dipenderanno quindi le scelte operate da una fetta del mercato delle farmacie, tutte quelle aderenti a network o di proprietà dei gruppi.

Meglio per i distributori che vogliano consolidare le loro posizioni di leader, correre ai ripari e rivalutare la sottovalutazione del fenomeno.

 

Samuele Barillà, avvocato