L’intervista all’avvocato Samuele Barillà su CreditNews

L’intervista all’avvocato Samuele Barillà su CreditNews, rivista specializzata nel settore del credit management si concentra sulle peculiarità del recupero crediti nel settore farmaceutico, tanto sotto il profilo dei rimborsi del SSN ai farmacisti, quanto dei rapporti non sempre lineari con i distributori di farmaci.


I crediti nel settore farmaceutico, una nicchia di forte interesse

La gestione del credito si rivela estremamente complessa anche quando riguarda il settore farmaceutico e la sanità pubblica. Abbiamo approfondito gli effetti dei ritardi nella liquidazione dei crediti vantati dalle farmacie nei riguardi delle ASL con l’avvocato Samuele Barillà, fondatore dello Studio Legale Barillà.

Crediti nel settore farmaceutico, quando a essere in ritardo nei pagamenti è l’ASL

In un periodo in cui l’attenzione alla salute ha raggiunto livelli altissimi a causa della emergenza pandemica da Covid19 col settore della produzione farmaceutica che ha visto fiorire il proprio business, il sistema di distribuzione dei farmaci e i servizi di prossimità sono stati sottoposti ad un eccezionale stress test che ha evidenziato alcune carenze e modificato modelli di business consolidati.

In questo scenario è interessante approfondire le criticità legate al credito che possono colpire i vari player del settore (farmacisti, grossisti e distributori), diversamente coinvolti negli aspetti finanziari relativi ai crediti vantati verso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), nella sua declinazione territoriale delle ASL. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Samuele Barillà, fondatore dello Studio Legale Barillà di Bologna che dal 1997 si occupa quasi esclusivamente di diritto farmaceutico, sotto il profilo regolamentare e societario, oltre che del rapporto con il Servizio Sanitario Nazionale.

Avvocato Barillà, lei si occupa di diritto farmaceutico da sempre, come ha visto cambiare questo settore in termini di contenzioso tra farmacie e SSN, ruolo degli intermediari nella gestione finanziaria del credito e criticità che si riversano sull’anello intermedio della filiera dei farmaci, cioè quello del grossista / distributore?

Abbiamo assistito, nel tempo a varie fasi: una prima cronicizzazione dei ritardi nella liquidazione dei crediti vantati dalle farmacie nei riguardi delle ASL che poi si è sostanzialmente risolta.

Vado a memoria, ma mi pare che il ritardo sia passato dai 720 giorni di qualche anno fa, a lassi di tempo decisamente più brevi, anche se il dato non è omogeneo tra le regioni. C’è da dire che questo dipende anche da come si calcola il tempo medio, se dal mese o dall’anno di maturazione.
Oggi si parla di una media di 66 giorni nelle regioni del nord, che aumentano significativamente nel Mezzogiorno.

Un altro fenomeno tipico degli anni scorsi si è di pari passo ridimensionato, quello della finanziarizzazione del credito.
Le farmacie erano in difficoltà nell’ottenere i crediti e si era creato un ampio spazio per le società finanziarie che acquistavano i crediti pro-solvendo e di fatto finanziavano l’attività ordinaria delle farmacie, trattenendo una quota come fee.
La perdita di controllo della situazione finanziaria e delle proprie entrate si accavallava però alla gestione delle dilazioni di pagamento verso i fornitori e in molti casi si creavano problemi di liquidità significativi e proporzionali al giro d’affari complessivo delle farmacie.


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La nuova medicina di prossimità alla prova dei fatti, tra nuovi vaccini e vecchi dispensari

Mentre le Regioni si attivano per utilizzare i fondi del PNRR per la medicina di prossimità, si apre la campagna vaccinale contro l’influenza e si assiste al crescente interesse da parte dei farmacisti a partecipare attivamente alla loro somministrazione.

I farmacisti vaccinatori avvicinano la medicina al territorio

Secondo i dati forniti alla stampa dall’Istituto superiore di sanità e dalla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), sono infatti quasi 20 mila quelli che hanno completato il ciclo formativo per farmacisti vaccinatori.

L’esperienza della pandemia ha portato alla consapevolezza di quanto sia necessario realizzare compiutamente la rete di medicina territoriale o di prossimità, diventata anche uno degli obiettivi dei finanziamenti del PNRR.

Sono numerosi i segnali che vanno in direzione di un cambiamento di parametri del mercato farmaceutico, tra questi i nuovi modelli di presa in carico del paziente, la gestione integrata la spinta alla digitalizzazione e allo sviluppo della telemedicina.

Tutta la filiera è coinvolta nel cambiamento: l’ospedale, i medici di famiglia, la farmacia territoriale, i distributori di farmaci e le associazioni dei pazienti.

Lo sviluppo territoriale  e l’autonomia amministrativa locale devono coesistere

Alcuni osservatori notano che il disallineamento tra realtà e normativa sulla convenzione farmaceutica, ma anche l’approccio autonomistico regionale e locale al tema della salute, continuano a creare disparità tra gli strumenti competitivi a disposizione delle farmacie pubbliche e di quelle indipendenti, ma potremmo aggiungere anche delle altre strutture di servizio, come i dispensari.

Gli auspici di tutti i rappresentanti delle categorie interessate, espressi nelle numerose occasioni di confronto di queste ultime settimane, sono rivolti verso modifiche normative di attuazione dei piani che consentano alle farmacie di resistere e prosperare.

In certi casi però è stato necessario l’intervento della magistratura per fornire una interpretazione delle norme esistenti o addirittura, per ristabilire norme di buon senso.

 

Il dispensario stagionale, primo antesignano della farmacia territoriale

Vale la pena ricordare cosa sia il dispensario farmaceutico:

  • è una struttura destinata alla distribuzione di medicinali di uso comune e di pronto soccorso già confezionati;
  • quello territoriale è istituito per garantire l’assistenza farmaceutica minima alla popolazione quando non c’è o non è attivata una farmacia nella pianta organica di quel territorio;
  • quello annuale può essere istituito nei comuni o nei centri abitati che abbiano fino a 5000 abitanti e va affidato al titolare di una farmacia, privata o pubblica;
  • il dispensario stagionale è invece istituito nelle località di interesse turistico che abbiano una popolazione non superiore ai 12.500 abitanti ed è pensato per rispondere alle esigenze legate al picco di presenze di pazienti e utenti dei servizi.

L’apertura di nuove farmacie a meno di un kilometro da un dispensario, in una zona interessata da un aumento molto significativo di presenze stagionali, non è di per sé una buona ragione per sopprimere un dispensario stagionale. Quantomeno non costituisce un automatismo.

Questo concetto -che lascia spazio ad una certa autonomia e discrezionalità dell’autorità amministrativa locale, è stato ribadito con la recente decisione del TAR Emilia Romagna n. 744 del 2022 sulla chiusura di un dispensario nel riminese.

 

Dispensario e farmacia, due concetti differenti

Il caso ha fornito al Tribunale l’opportunità di ribadire il concetto che le due strutture sono differenti.

Il dispensario infatti «non può essere assimilato alla farmacia, trattandosi di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini che non è in grado di competere con le farmacie né di costituire una struttura autonoma essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina di cui è parte integrante».

Nel caso particolare di cui si è occupato il TAR si è discusso del criterio di calcolo della distanza dal centro per l’assegnazione della gestione del dispensario e di una differenza di 40 metri che avrebbe favorito un farmacista rispetto ad un altro.

Il conflitto sembra surreale mentre, da una parte, si cerca di ripensare le modalità di ingresso alle professioni mediche e paramediche nel Servizio Sanitario Nazionale e dall’altra, ci si attiva per spendere in maniera proficua i cospicui fondi destinati dal PNRR agli obiettivi di rafforzamento della medicina di prossimità.

Samuele Barillà

Farmaci carenti, l’effetto domino che rischia di travolgere i distributori

Numerose tipologie di farmaci molto richieste dal mercato sono diventate carenti.

Tra queste alcune vengono segnalate con maggior apprensione (la lista non ha pretesa di essere esaustiva):

  • antipertensivi;
  • diuretici;
  • neurolettici;
  • antidepressivi;
  • antiepilettici;
  • pediatrici;
  • salvavita.

Le sigle che rappresentano la filiera della distribuzione hanno lanciato l’allarme e chiesto un confronto con il nuovo governo.

Le diverse concause alla base di questa situazione partono dall’aumento della domanda, impennata dopo l’emergenza pandemica e si sono aggravate per l’aumento dei prezzi di logistica e confezionamento dei materiali.

L’incremento straordinario dei prezzi di numerose materie prime e dei carburanti (di cui ci siamo occupati in un altro articolo di questo blog), impatta in maniera determinante sia sui margini dei diversi operatori della filiera che, inevitabilmente, sui loro rapporti contrattuali.

La differenza tra «farmaci carenti» e «rottura di stock»

Negli interventi che denunciano la mancanza dei farmaci a disposizione dei pazienti, si leggono due differenti espressioni, dal significato noto solo agli addetti ai lavori:

  • farmaco carente;
  • rottura di stock.

Nel primo caso è AIFA che dichiara un farmaco carente inserendolo nello specifico elenco quando riceve avviso dall’autorità europea EMEA o riscontra direttamente che un farmaco non è presente in modo sufficiente sul mercato.

La  dichiarazione di carenza ha diverse implicazioni come ad esempio la limitazione o persino il divieto di esportazione. 

La rottura di stock invece è la temporanea insufficienza del farmaco nei magazzini o depositi.

La rottura di stock può derivare da diverse situazioni di malfunzionamento nella catena di produzione e distribuzione del farmaco che generino una indisponibilità di medicinali per la distribuzione anche a fronte di una «non carenza» sul mercato.

 

L’allarme di Federfarma e AIFA per la carenza di medicinali

È di pochi giorni fa la lettera di Federfarma Napoli con la quale si denuncia una ulteriore carenza allarmante di farmaci, soprattutto pediatrici, che affianca la oramai cronica difficoltà di approvvigionamento di medicine salvavita o di uso comune.

La stessa Agenzia Italiana del farmaco (AIFA), impegnata nella tenuta e monitoraggio delle carenze di farmaci sul mercato ha denunciato l’aumento vertiginoso delle voci nell’elenco dei farmaci carenti, che sono passate da 2.500 del giugno 2021 alle oltre 3.100 dell’ottobre 2022.

In alcuni casi le carenze riguardano addirittura il principio attivo, come l’ibuprofene, disponibile solo in confezioni con dosaggi limitati; ma a preoccupare sono soprattutto le carenze di materiali coinvolti nel confezionamento, come plastica e alluminio.

 

L’impatto della crisi di materie prime e dei farmaci carenti sulla filiera e sui distributori

L’impatto di questa crisi sulla filiera e sull’anello strategico dei distributori è devastante. 

Le distribuzioni sono ridotte nel numero e nella frequenza e si ripercuotono con un effetto domino sui distributori intermedi e sulle farmacie.

Le conseguenze per gli utenti sono visibili a chiunque e gli sforzi di riorganizzazione o di ottimizzazione che ogni azienda si è impegnata a compiere non possono, da soli, essere sufficienti a contrastare questa crisi.

Un intervento complessivo sulla sanità e sulla organizzazione dei servizi territoriali non è più rimandabile. 

Andrebbe affrontato tanto in termini di ripensamento delle regole, tanto di abbandono del modello regionale (come evidenziato anche in questo articolo).

Vengono invocati sostegni diretti alle imprese, tuttavia, andrebbe ripensata la natura dell’obbligo di fornitura di farmaci carenti (di cui ci occupiamo in questo articolo), ma anche la catena produttiva che, come per altri settori, mostra ora tutte le defaillances create da delocalizzazione selvaggia e dipendenza per gli approvvigionamenti di materie prime.

 Avv. Samuele Barillà

Lo sviluppo dei servizi farmaceutici territoriali

L’esperienza pandemica può essere considerata come un eccezionale stress test a cui sono stati sottoposti tutti i sistemi sanitari. In Europa e nel nostro Paese in particolare, è emersa in tutta la sua drammaticità, la crisi nella quale versa la sanità territoriale e di prossimità, a causa dell’azione combinata del sistema di delega regionale e della riduzione delle risorse destinate.

Questi temi sono stati dibattuti anche In occasione della assemblea generale dell’Unione Europea delle Farmacie Sociali (UEFS) di Pisa, tenutasi poche settimane orsono, durante la quale gli operatori hanno discusso dello scenario e delle sfide che le farmacie e i distributori di farmaci dovranno affrontare nel prossimo futuro.

L’unione delle farmacie sociali europee e il richiamo ai servizi farmaceutici territoriali

L’unione, nata nel 1961 ha base a Bruxelles e conta 2.300 farmacie e una decina di grossiti-distributori in tutta europa (Belgio, Francia, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Svizzera).

La vocazione storica delle farmacie sociali era quella di fornire accessibilità ai farmaci, ma col tempo ha dedicato impegno allo sviluppo della qualità delle prestazioni farmaceutiche.

Nel manifesto UEFS sono quindi inclusi sei impegni che hanno la finalità di garantire alla clientela un servizio di qualità in termini di informazione e assistenza.

Gli impegni dichiarati sono:

  1. conoscenza delle necessità dei pazienti per adattare loro i servizi offerti
  2. aggiornamento delle competenze dei farmacisti e dei loro collaboratori
  3. miglioramento della comunicazione tra i farmacisti e le altre figure addette alla cura del paziente nell’interesse di quest’ultimo
  4. partecipazione attiva all’informazione e all’educazione sanitaria della popolazione
  5. il favorire lo speciale rapporto farmacista-paziente fondato sulla qualità della comunicazione nel rispetto della discrezione richiesta in fatto di cure sanitarie
  6. consiglio e controllo anche oltre al momento della somministrazione del farmaco e mettere a disposizione dei farmacisti e dei loro collaboratori gli strumenti necessari a tal fine.

 

L’esperienza delle farmacie sociali in Europa

Sulla scorta delle positive esperienze di Francia e Belgio, riportat dal presidente nel suo resoconto: «In Francia quasi il 90% delle farmacie ha dispensato vaccini anti-Covid. Un risultato straordinario in larga parte dovuto al fatto che già da anni le farmacie erano state attivamente coinvolte nelle campagne antinfluenzali. In Belgio invece, la figura del ‘farmacista di riferimento’ (relativo alla possibilità che hanno i pazienti cronici di scegliere un unico farmacista che segua tutto il loro percorso terapeutico) ha giocato un ruolo determinante nella cura domiciliare e nella successiva riabilitazione dei cittadini ammalatisi di Covid».

La convinzione generale emersa dai lavori è che una maggiore integrazione della farmacia con il Servizio Sanitario Nazionale non riguarda la sola distribuzione dei farmaci per conto, ma affronta una riconversione più ampia e complessa che comprende la possibilità di fruizione di servizi terapeutici da parte dei cittadini, e della collaborazione dei farmacisti con gli altri professionisti della salute.

 

Il progetto di assistenza di prossimità e servizi farmaceutici territoriali nel PNRR

La riforma dell’assistenza di prossimità approvata di recente nel nostro Paese nell’ambito del Pnrr dovrebbe sancire il pieno rilancio della farmacia, ma suscita negli operatori non pochi dubbi.

Il pilastro della riforma sono le Case di Comunità ma nel progetto le farmacie hanno faticato a entrare e non hanno acquisito funzioni definite con chiarezza.

La farmacia territoriale – è opinione comune- deve ricavarsi un ruolo nella dimensione demografica del progetto ma la definizione di un bacino di utenza di 50.000 cittadini non può garantire la prossimità delle Case di Comunità, né nelle città nè, a maggior ragione, nelle aree rurali.

La pianta organica delle farmacie, con la loro presenza capillare invece sembra più adatta a colmare la distanza tra gli utenti e la fruizione di servizi di qualità.

 

avvocato Samuele Barillà

Luci e ombre in farmacia

Il 16 settembre 2022, l’Area Studi Mediobanca ha presentato un approfondito dossier dedicato alle farmacie italiane a confronto con alcuni Paesi europei. 

La relazione evidenzia una serie di fattori di debolezza e individua percorsi che possano trasformarli in opportunità, per ribaltare un trend, altrimenti, avviato su un pericoloso piano inclinato. 

Dal 2015 il numero delle farmacie è aumentato del 9,3%, per effetto della crescita di quelle private (+10%) mentre le pubbliche si sono mosse in misura più contenuta (+2,7%). Il numero di abitanti per farmacia in Italia è passato da 3.340 abitanti/farmacia del 2015 a 2.977 del 2021 (-10,9%), al di sotto della media UE che si fissa a 3.245 abitanti 

Il fatturato complessivamente sviluppato dalle farmacie italiane si è attestato nel 2021 a 24,4 miliardi di euro, in calo del 4% dal 2015. 

La combinazione tra calo del fatturato e aumento delle farmacie ha generato una flessione importante del fatturato medio per farmacia, caduto da 1,399 milioni nel 2015 a 1,228 milioni nel 2021 (-12,2%). Assieme all’espansione del numero di punti vendita, anche la metratura media per negozio appare in aumento da 68,1 mq a 73,6 (+8,1%). Il fatturato per metro quadro è di conseguenza caduto dal 20,5 migliaia di euro nel 2015 a 16,7 migliaia nel 2021 (-18,8%). 

Cala anche il numero di confezioni di farmaci vendute da 1.798 milioni nel 2017 a 1.705 nel 2021, con una flessione del 5,1%. 

La relazione Mediobanca individua i motivi delle dinamiche complessive:  

  • vischiosità dei prezzi,  
  • politiche di controllo dei costi del SSN con incoraggiamento all’utilizzo degli equivalenti,  
  • aumento degli acquisti diretti da parte delle aziende sanitarie con disintermediazione delle farmacie incaricate della sola consegna (Si parla della  ‘distribuzione per conto di Classe A’), fenomeno tanto più incisivo dal momento che sul mercato ospedaliero si concentrano i farmaci innovativi ad alto valore unitario.  

Il farmaco etico sembra destinato a perdere quote sul fatturato delle farmacie.  

Sconta le misure di contenimento della spesa e l’assottigliamento della quota di medicinali coperti da brevetto a vantaggio dei generici, con progressiva attrazione delle referenze a maggiore valore unitario all’interno della distribuzione diretta da parte delle Aziende Sanitarie Locali. 

Sin qui le ombre, ma la relazione individua anche opportunità di contrasto e di crescita per le farmacie. 

 

La prima opportunità: la farmacia dei servizi 

La prima è l’affermazione del modello della ‘farmacia dei servizi’  introdotto a livello normativo dalla Legge n. 69/2009 (LINK)   

Nelle sue varie declinazioni, questo modello, è innovativo sotto molti aspetti: dalla consegna di medicinali a domicilio, alla prestazione di cure domiciliari per anziani o disabili, dal primo soccorso e relativi follow-up, al rinnovo di prescrizioni per pazienti cronici, dalla cura domiciliare con controllo delle terapie, fino alla sostituzione di dosaggio o tipologia di farmaco e alla modifica di trattamenti già prescritti, all’attività di diagnostica e Telemedicina. 

Secondo Mediobanca, infatti, la salute digitale, i big data e l’intelligenza artificiale si stanno rapidamente espandendo nel settore sanitario. 

Questi articoli, già pubblicati sul blog, approfondiscono il modello di Farmacia dei servizi 

La seconda opportunità: l’omnicanalità. 

A livello europeo, il giro d’affari dell’e-commerce farmaceutico è stimato in 20 miliardi di euro, con attese di crescita al 2027 pari al 18% medio annuo. 

Tramite i canali online, la farmacia ha l’opportunità di acquisire informazioni sulle abitudini d’acquisto del cliente che gli consentono di formulargli offerte personalizzate, trattenerlo con politiche di fidelizzazione (come le carte fedeltà digitali), ed eventualmente di attrarre la visita al negozio fisico per il ritiro di quanto acquistato o per una consulenza dedicata.  

I prodotti commerciali non farmaceutici, secondo Mediobanca, sono il segmento in cui le farmacie possono esercitare liberamente le proprie politiche commerciali e di prezzo. 

Ci siamo occupati di e-commerce farmaceutico in questi articoli pubblicati sul blog: 

L’antidoto alla concorrenza: fare squadra 

Tuttavia, per quanto in crescita, la farmacia commerciale è anche soggetta alla maggiore competizione intracanale, sia ad opera dell’on-line che dei canali di vendita alternativi, come le parafarmacie e i corner della GDO.  

La relazione di Mediobanca, individua nelle aggregazioni di farmacie (catene reali o virtuali), il migliore strumento per contrastare questo fenomeno.  

Entro il 2030 si prevede che il 54% delle farmacie italiane sia affiliato a una catena virtuale, e certamente questo strumento sembra essere un rimedio all’inevitabile ampliamento della concorrenza e la leva maggiore verso lo sviluppo. 

Mediobanca stima, infatti, che le farmacie appartenenti a catene fatturino il 22% in più di quelle che si mantengono stand alone 

L’affiliazione apparentemente porta a una gestione più manageriale e introduce forme di marketing e fidelizzazione più efficienti e strutturate. 

Tra queste spicca la creazione e commercializzazione di una linea di prodotti a marca del distributore, fenomeno ancora marginale nelle farmacie, ma dal potenziale importante. 

Anche le carte fedeltà rappresentano un’ulteriore possibilità di contaminazione del modello di business della farmacia con strumenti già ampiamente consolidati nella GDO. 

Il superamento della gestione individuale infine, potrebbe consentire possibili modifiche organizzative, ad esempio in termini di estensione degli orari di apertura e di utilizzo di market place di e-commerce. 

 

avvocato Samuele Barillà

L’Emilia Romagna delibera sui farmaci per patologie croniche e crea un caso

Con la delibera approvata dalla Giunta Regionale dell’Emilia Romagna il 29 agosto 2022 (qui il testo), l’Ente ha dato corso a un progetto sperimentale passando alcuni farmaci per patologie croniche dalla Distribuzione Diretta e Convenzionata alla Distribuzione per Conto.

Questi farmaci, inclusi in terapie per la cura di patologie croniche stabili, saranno quindi acquistati direttamnete dall’ASL con la procedura di aggiudicazione da gara regionale.

Nelle intenzioni della Regione questo dovrebbe:

  • consentire il più diretto coinvolgimento delle farmacie convenzionate nella presa in carico dei pazienti con patologie croniche;
  • migliorare la capillarità dei servizi associati alla erogazione dei medicinali anche nelle zone periferiche;
  • contenere la spesa farmaceutica a carico dell’ente pubblico.

 

La reazione di Egualia e Farmindustria alla delibera della Regione Emilia Romagna

La decisione non è stata accolta con favore da Egualia e da Farmindustria che hanno emesso una nota congiunta dai toni piuttosto categorici:

«Una scelta inaccettabile perché determinata da ragioni economicistiche derivanti dal disavanzo della spesa sanitaria complessiva della Regione che non è assolutamente imputabile al superamento delle risorse assegnate ai medicinali territoriali acquistati in farmacia. E quindi non è certo attribuibile alle imprese della filiera farmaceutica».

Il progetto della Regione Emilia Romagna peraltro prevede il passaggio di una vasta categoria di farmaci dalla Distribuzione Convenzionata alla Distribuzione per Conto delle ASL.

Secondo il parere di Federfarma, che pure ha espresso preoccupazioni davanti alla delibera, le farmacie, e in particolar modo quelle rurali, sarebbero penalizzate dal progetto e gli stessi pazienti potrebbero incontrare difficoltà nel reperimento dei farmaci.

Solo la concreta applicazione della nuova disciplina distributiva dei farmaci interessati dal provvedimento potrà testimoniare (o meno) della sostenibilità di questa formula.

La disomogeneità territoriale nella distribuzione dei farmaci

Ad un primo sguardo, questa delibera sembra in decisa controtendenza rispetto alle alle recenti Note prescrittive di AIFA,che hanno ampliato la possibilità di prescrizione di farmaci ai Medici di Medicina Generale potenziando la portata del canale della Distribuzione convenzionata  Territoriale.

Quel che è certo è che la delibera rafforza la sensazione di introdurre una specialità rispetto alla disciplina omogenea della classificazione dei medicinali a livello nazionale.

Ancora una volta la potestà normativa regionale in tema di sanità è potenzialmente  in grado di introdurre disparità di trattamento tra i cittadini limitando la disponibilità delle opzioni terapeutiche su base, meramente, territoriale.

Abbiamo già rilevato in passato (vedi qui un altro articolo), come i casi di disomogeneità della disciplina in questo settore siano potenzialmente più pericolosi che utili a tutelare il diritto alla salute delle rispettive comunità.

Le farmacie americane sotto attacco hacker

Attacchi hacker alle farmacie USA

La società americana Kasada, specializzata in sicurezza informatica, ha osservato un incremento significativo della tecnica del credential stuffing per attaccare le farmacie, rubare gli account dei clienti e sfruttare le prescrizioni di farmaci.

Gli account rubati dai bot vengono utilizzati dagli hacker per accedere alle prescrizioni attive, che vengono rivendute illegalmente sul web, nei mercati secondari.

I farmaci interessati da queste attività sono prevalentemente antidolorifici oppiacei che vengono acquistati a un prezzo notevolmente inferiore di quello che si pagherebbe normalmente con un ticket assicurativo.

I ricercatori di Kasada hanno scoperto che i furti interessano decine di migliaia di account di farmacie statunitensi e che la tendenza è incrementata notevolmente.

Nei mesi di giugno e luglio 2022 il numero di account rubati disponibili per la vendita è aumentato di 5 volte.

Utilizzo di bot per rubare gli account sui siti delle farmacie online

L’attività degli hacker è illegale e molto pericolosa e l’esperienza americana fornisce importanti informazioni sui profili di sicurezza informatica che dovranno essere adottati anche nei paesi, come il nostro, che ancora utilizzano sistemi meno automatizzati per l’acquisto di farmaci online.

[Clicca qui per leggere l’articolo sulla vendita online di farmaci pubblicato su questo blog]

Stando all’analisi di Kasada, i bot scalper per così dire “saltano la fila digitale” e acquistano articoli molto richiesti allo scopo di rivenderli con un sovrapprezzo.

I bot sono stati utilizzati per acquistare articoli o servizi per i quali la domanda supera l’offerta, oltre ai farmaci, quali:

  • il latte in polvere per bambini
  • i chip dei semiconduttori
  • le scarpe da ginnastica
  • le consolle di gioco
  • vari servizi finanziari
  • gli NFT

e, durante la fase acuta della pandemia, persino gli appuntamenti per il vaccino COVID-19. I bot maligni fruttano miliardi di dollari in termini di frodi online.

Gli attacchi dei BOT alle farmacie per ottenere e rivendere le ricette mediche

Per quanto riguarda le farmacie è stata denunciata una nuova tendenza, quella di rubare gli account aperti dagli utenti presso le farmacie online per acquistare e rivendere sostanze controllate.

I marketplace secondari dove vengono rivendute offrono account rubati da farmacie fisiche e online, molte delle quali appartengono alle 10 principali catene di farmacie statunitensi.
Attraverso l’automazione dei processi di login, i BOT testano le credenziali rubate agli utenti malcapitati. L’hacker sfrutta perlopiù il fatto che i consumatori riutilizzano le stesse credenziali su siti web diversi.

Una percentuale delle credenziali rubate viene riutilizzata con successo e consente all’aggressore di rilevare gli account con credenziali di accesso legittime, senza destare sospetti nei siti interessati.

Una volta rilevato un account, l’aggressore automatizza il processo di estrazione delle prescrizioni e di altre informazioni associate all’account.  I dati collegati al conto includono informazioni sul cliente, come nome, data di nascita, numero di telefono e la fonte di pagamento in archivio (dati della carta di credito). Questi dati possono essere riutilizzati per altre truffe.

La vendita di farmaci online nel nostro paese segue regole diverse che vietano appunto la vendita di farmaci dispensabili con ricetta, ma non c’è dubbio che i profili di sicurezza informatica sono cruciali per ogni futuro – e probabilmente inarrestabile – sviluppo del settore.

 

La distribuzione in farmacia dei farmaci «per conto» è appannaggio delle regioni

DPC è l’acronimo con cui si identifica la «dispensazione per conto» di farmaci e ausili medici che vengono acquistati direttamente dalle Aziende Sanitarie locali e distribuiti sul territorio attraverso le farmacie aperte al pubblico.

Le diverse modalità di distribuzione dei farmaci

La distribuzione dei farmaci in Italia è prevista con tre diverse modalità:

  • Diretta (Dd)
  • Dpc (distribuzione per conto)
  • Convenzionata

Nel primo caso (modalità diretta), il Servizio Sanitario Nazionale acquista direttamente il farmaco dall’industria farmaceutica e lo distribuisce attraverso ospedali o Asl ai pazienti.

Nella distribuzione per conto il Servizio Sanitario Nazionale invece, acquista il farmaco e autorizza la dispensazione attraverso le farmacie territoriali, concordando un compenso per questo servizio.

Nella distribuzione farmaceutica convenzionata invece, è il farmacista che acquista il prodotto e lo rivende al consumatore.

 

Il rinnovo del protocollo DPC della Regione Toscana

Ultima in ordine di tempo, la Toscana ha rinnovato nel mese di agosto 2022 l’accordo regionale con Federfarma per la distribuzione per conto (DPC) di farmaci ospedalieri e di ausili medici tra cui:

  • I dispositivi medici per il controllo della glicemia;
  • il materiale di medicazione;
  • gli ausili per l’incontinenza;
  • i prodotti per le malattie dismetaboliche.

Oltre a questi dispositivi, le farmacie toscane stanno già distribuendo anche i dispostivi per diabetici, gli alimenti aproteici, le stomie e i cateteri.

Nell’accordo è prevista la fornitura di un ministock di prodotti per il magazzino, così da non essere tenute a ripetute ordinazioni e facilitare il ritiro da parte degli assistiti senza costringerli a tornare nel negozio.

La disciplina della distribuzione per conto DPC è già operativa in Abruzzo  in Piemonte, in Emilia Romagna e in altre regioni ancora.

 

L’auspicio di un coordinamento regionale per la DPC

La frammentazione della disciplina e la delega alle regioni di alcune potestà normative in materia sanitaria ha mostrato chiaramente i suoi limiti durante la crisi pandemica da Covid-19.
Questo sistema complica enormemente il controllo e crea inutili disparità di trattamento tra i cittadini, tanto più odiose in quanto ricadono nella delicata sfera del diritto alla salute.

Lo scorso marzo, la stessa Conferenza delle Regioni ha auspicato l’introduzione di una serie di standardizzazioni che consentano l’adozione del modello della «Distribuzione per conto» dei farmaci ospedalieri (PHT), in maniera omogenea sul territorio nazionale.

La proposta è riassunta in questo documento e riguarda:

  • l’individuazione di criteri tecnico-organizzativi (ad esempio l’uso cronico o ricorrente);
  • la diffusione capillare per governare con efficienza gli aspetti logistici della DPC;
  • la valutazione dell’entità complessiva dei consumi e della spesa;
  • L’adozione di un criterio di remunerazione unica attraverso l’adozione di un price cap.

di Samuele Barillà

Il punto sulla vendita di farmaci online

La normativa sulla vendita on line dei farmaci in vigore in Italia è redatta in attuazione della direttiva del Parlamento europeo 2011/62/UE e contenuta, in particolare, nel Decreto legislativo n. 17 del 2014.

L’e-commerce di farmaci e materiale sanitario viene definito: «Vendita a distanza al pubblico di medicinali mediante i servizi della società dell’informazione». L’autorizzazione alla vendita è limitata ai medicinali senza obbligo di ricetta medica ed è consentita solo agli esercizi fisici: farmacie, società di farmacisti titolari di farmacie ed esercizi commerciali autorizzati.

Questa pratica commerciale si intreccia e si sovrappone a quella relativa alla vendita di altri prodotti sanitari e cosmetici e rende l’applicazione delle norme non sempre facile, oltre che delicata in termini di tutela della salute e dell’affidamento del pubblico.

In sintesi, in Italia hanno la facoltà di vendere farmaci online solo le farmacie autorizzate che possono farlo sul proprio sito internet.

Le tipologie di farmaci che possono essere oggetto di E-commerce sono:

– farmaci OTC (Over the Counter), ovvero i farmaci comunemente detti “da banco”;

– farmaci SOP (Senza Obbligo di Prescrizione).

Non possono essere venduti online i farmaci per i quali è necessaria la ricetta medica.

In Italia è anche vietata la pratica del dropshipping, cioè la vendita di un prodotto senza possederlo materialmente nel proprio magazzino, attraverso piattaforme di logistica o distributori autonomi.

 

L’e-commerce di cosmetici, integratori e materiale paramedicale

L’ingresso (almeno all’estero), delle grandi catene in questo mercato e la parziale sovrapposizione, nel linguaggio comune,  dei concetti di farmaco con quello di altri prodotti delle aziende farmaceutiche e cosmetiche di utilizzo curativo, crea ulteriore confusione e ha indotto le autorità nazionali a intervenire per fare chiarezza.

Una circolare del Ministero della Salute, ha affrontato il problema della vendita online di farmaci e stabilito che sia vietato:

  • l’utilizzo di applicazioni mobili per smartphone o tablet, comunemente chiamate APP;
  • l’utilizzo di piattaforme per l’e-commerce – anche dette ‘marketplace’;
  • l’utilizzo di siti web intermediari;
  • l’utilizzo di piattaforme tecnologiche che dal prodotto scelto dall’utente risalgono ad un venditore selezionato dal sistema.

Durante un’audizione davanti alla Commissione Industria del Senato del febbraio 2022 il consorzio Netcomm, ha presentato un pacchetto di integrazioni al disegno di legge Concorrenza dirette ad agevolare lo sviluppo del commercio online dei farmaci.

Tra queste, anche la modifica dell’articolo 112-quater del d.lgs 219/2006 così da consentire a farmacie e parafarmacie di vendere i farmaci senza ricetta «anche su siti web intermediari e piattaforme per l’e-commerce» per «ridurre i costi di transazione e consentire ai venditori l’accesso a una più vasta platea di consumatori».

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Gli aumenti dei costi logistici impattano sui prezzi dei farmaci

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L’incremento straordinario dei prezzi di numerose materie prime, dei carburanti e, di conseguenza, gli aumenti senza precedenti dei costi di esportazione, hanno un impatto inevitabile sui prezzi al dettaglio di ogni tipo di merce, compresi, naturalmente tutti i prodotti medicali e medicinali.

Le maggiori agenzie internazionali hanno stimato che questi rincari proseguiranno per tutto il 2022 con il prevedibile effetto, per i Paesi del G20, che si arrivi ad un aumento ulteriore dell’1,5% dei prezzi al consumo.

L’influenza di questi aumenti sulla filiera di produzione e distribuzione dei medicinali è notevole e preoccupa gli operatori del settore.

 

L’allarme delle associazioni di categoria di distributori e farmacisti per l’aumento dei costi logistici dei farmaci

L’allarme arriva anche dal Girp, l’associazione europea dei distributori “full line che riferisce che circa i tre quarti di tutti i medicinali usati in Europa vengono distribuiti attraverso distributori sanitari a servizio completo e nella maggior parte dei paesi europei i margini sono regolamentati dal governo.

I distributori hanno dunque poche possibilità di controllare i propri utili di esercizio. L’Associazione invita le istituzioni e i responsabili politici dell’Unione Europea a «riconoscere l’impatto dei distributori come un collegamento vitale nella consegna sicura ed efficiente di medicinali e dispositivi e a collaborare con gli Stati membri per esplorare soluzioni praticabili a breve termine come sussidi sui costi dell’energia e del carburante e modifiche ai prezzi e rimborsi per compensare i grossisti per i loro costi crescenti».

La sollecitazione riguarda anche altre misure come la revisione degli attuali meccanismi di tariffazione e rimborso e l’applicazione di una remunerazione sostenibile per il settore, per supportare la sostenibilità finanziaria del servizio.

Bisognerebbe inoltre garantire che il costo della conformità sia trasparente per essere adeguatamente coperto dai diversi sistemi di remunerazione nazionali per i distributori di servizi sanitari.

I margini di profitto dei distributori di farmaci e delle farmacie, che sono determinati per legge, in una situazione come quella attuale, sono praticamente annullati dai rincari dei servizi di trasporto e movimentazione merci.

Il fatto, ricordano le organizzazioni dei distributori, è che la crisi colpisce un settore sofferente da anni «di criticità strutturali dovute alla sotto-remunerazione della distribuzione dei farmaci di classe A», il che mette a rischio, oggi, la stessa sostenibilità del servizio di consegna dei farmaci necessari alla comunità, la regolarità delle forniture alle farmacie e il contrasto alle possibili carenze di medicinali nei territori.

Gli operatori sono già stati messi a dura prova dalla crisi e dalla pandemia e ora dovranno fare i conti con rincari incontrollati che avvantaggiano le aziende più strutturate che fanno della gestione logistica un punto di forza.

Le possibili soluzioni richieste dalle associazioni dei distributori e dei farmacisti per rispondere all’aumento dei costi logistici sui farmaci

Le associazioni delle diverse categorie si stanno occupando dell’impatto dell’aumento dei costi logistici sui farmaci e si confrontano nel loro consueto rapporto dialettico.

Farmacisti, grossisti e distributori cercano di individuare possibili soluzioni in uno spettro che va dal riconoscimento di un credito imposta per gli aumenti di energia e carburante, alla necessità di modificare prezzi tenendo conto dei rincari della logistica, individuare luoghi e frequenza dei trasporti in maniera più flessibile per consentire di ammortizzare gli extra costi.

Il prezzo finale del farmaco di fascia A non ammette deroghe o aumenti, che sono invece possibili per i farmaci senza prescrizione e da banco, noti come SOP E OTC e, a maggior ragione impattano sui prezzi al consumo degli integratori.

Il problema è indubbiamente grave e peserà infine sui consumatori finali di tutti i prodotti farmaceutici.

 

avvocato Samuele Barillà