# sunshine act
In un mondo in cui le operazioni di marketing delle aziende farmaceutiche sono fin troppo pubblicizzate e sbandierate, davvero si sentiva una esigenza di trasparenza, che perdipiù pone oneri a carico degli operatori privati? Ad una prima lettura il Sunshine Act lascia alcune perplessità
Promulgata il 31 maggio ed entrata in vigore il 26 giugno 2022, la Legge 62/2022, già ribattezzata dagli addetti ai lavori Sunshine Act, contiene disposizioni sulla trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie, per la prevenzione e il contrasto della corruzione e del degrado dell’azione amministrativa.
Il fulcro della norma è certamente il dovere di dare pubblicità alle erogazioni, convenzioni e accordi intercorrenti con le aziende sanitarie, che alcuni interpreti hanno ribaltato in un “diritto (pubblico) alla conoscenza dei rapporti”.
La legge dichiara soggette a pubblicità le convenzioni e le erogazioni in denaro, beni, servizi o altre utilità effettuate da un’impresa produttrice in favore:
Le modalità di comunicazione sono previste dallo stesso articolo 3 della legge che anticipa la costituzione, entro 6 mesi dalla entrata in vigore (quindi intorno al Natale del 2022), del Registro pubblico telematico denominato «Sanità trasparente», che verrà varato con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
A quanto pare, dunque, anche l’obbligo di comunicazione è prorogato a quel momento.
Se la ratio è chiara, non lo sono altrettanto le definizioni né dei soggetti tenuti, né di quelli che sarebbero beneficiari delle dazioni, convenzioni o accordi. Questo fa temere, legittimamente, che la norma solleverà dubbi interpretativi nel momento della reale applicazione.
Più pregnante dell’obbligo di pubblicità di convenzioni, accordi e dazioni è quello previsto dall’art.4 che dispone, a carico delle imprese produttrici che siano costituite in forma societaria di comunicare al Ministero della salute entro il 31 gennaio di ogni anno, i dati identificativi dei soggetti che operano nel settore della salute e delle organizzazioni sanitarie che:
L’onere di pubblicazione riguarda non solo i nomi, ma anche il valore corrispondente ad azioni, obbligazioni o proventi da proprietà intellettuale.
La legge fa discendere dal fatto stesso della titolarità di azioni od obbligazioni o dalla percezione di corrispettivi per la proprietà intellettuale, l’assenso a darne pubblica notizia ai sensi delle norme sulla privacy dei dati.
Il registro pubblico telematico sarà sostanzialmente un sito internet costruito secondo criteri di semplice usabilità e facilità di accesso, che adotti criteri comprensibili e omogenei per la presentazione dei dati e preveda funzioni di ricerca semplici ed efficienti per l’estrazione dei dati.
Il sito infatti sarà liberamente accessibile per la consultazione e provvisto di funzioni per la ricerca e l’estrazione delle comunicazioni, dei dati e degli atti secondo gli standard degli open data.
Le comunicazioni pubblicate saranno consultabili per cinque anni dalla data della pubblicazione, termine dal quale, una volta decorso, dipenderà la cancellazione dal registro.
Ora che l’applicazione concreta non è ancora avviata, all’interprete resta qualche curiosità.
È singolare la scelta legislativa di cercare realizzare trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione ponendo un onere a carico dei privati e non invece sugli operatori del Servizio sanitario.
Solo le imprese devono comunicare i dati relativi agli accordi e convenzioni in base alla nuova legge, tra questi anche i dati personali delle controparti e dei soggetti che operano nel settore salute. Rispetto a questi dati le imprese sono inoltre tenute alla veridicità, pena le elevate sanzioni amministrative e sempre che il fatto non costituisca reato.
L’esercizio del corrispondente diritto (alla trasparenza), da parte dei cittadini è poi limitato a fruire di quanto risulta dal registro.
Da ultimo incuriosiscono i riflessi che la norma avrà sul variegato mondo del marketing farmaceutico, ora affollato da iniziative di ogni tipo, come il co/branding tra produttori e distributori.
In un mondo in cui le operazioni di marketing sono fin troppo pubblicizzate e sbandierate, davvero si sentiva una esigenza di trasparenza, perdipiù perseguita ponendo oneri a carico degli operatori privati?