Mentre le Regioni si attivano per utilizzare i fondi del PNRR per la medicina di prossimità, si apre la campagna vaccinale contro l’influenza e si assiste al crescente interesse da parte dei farmacisti a partecipare attivamente alla loro somministrazione.
Secondo i dati forniti alla stampa dall’Istituto superiore di sanità e dalla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), sono infatti quasi 20 mila quelli che hanno completato il ciclo formativo per farmacisti vaccinatori.
L’esperienza della pandemia ha portato alla consapevolezza di quanto sia necessario realizzare compiutamente la rete di medicina territoriale o di prossimità, diventata anche uno degli obiettivi dei finanziamenti del PNRR.
Sono numerosi i segnali che vanno in direzione di un cambiamento di parametri del mercato farmaceutico, tra questi i nuovi modelli di presa in carico del paziente, la gestione integrata la spinta alla digitalizzazione e allo sviluppo della telemedicina.
Tutta la filiera è coinvolta nel cambiamento: l’ospedale, i medici di famiglia, la farmacia territoriale, i distributori di farmaci e le associazioni dei pazienti.
Alcuni osservatori notano che il disallineamento tra realtà e normativa sulla convenzione farmaceutica, ma anche l’approccio autonomistico regionale e locale al tema della salute, continuano a creare disparità tra gli strumenti competitivi a disposizione delle farmacie pubbliche e di quelle indipendenti, ma potremmo aggiungere anche delle altre strutture di servizio, come i dispensari.
Gli auspici di tutti i rappresentanti delle categorie interessate, espressi nelle numerose occasioni di confronto di queste ultime settimane, sono rivolti verso modifiche normative di attuazione dei piani che consentano alle farmacie di resistere e prosperare.
In certi casi però è stato necessario l’intervento della magistratura per fornire una interpretazione delle norme esistenti o addirittura, per ristabilire norme di buon senso.
Vale la pena ricordare cosa sia il dispensario farmaceutico:
L’apertura di nuove farmacie a meno di un kilometro da un dispensario, in una zona interessata da un aumento molto significativo di presenze stagionali, non è di per sé una buona ragione per sopprimere un dispensario stagionale. Quantomeno non costituisce un automatismo.
Questo concetto -che lascia spazio ad una certa autonomia e discrezionalità dell’autorità amministrativa locale, è stato ribadito con la recente decisione del TAR Emilia Romagna n. 744 del 2022 sulla chiusura di un dispensario nel riminese.
Il caso ha fornito al Tribunale l’opportunità di ribadire il concetto che le due strutture sono differenti.
Il dispensario infatti «non può essere assimilato alla farmacia, trattandosi di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini che non è in grado di competere con le farmacie né di costituire una struttura autonoma essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina di cui è parte integrante».
Nel caso particolare di cui si è occupato il TAR si è discusso del criterio di calcolo della distanza dal centro per l’assegnazione della gestione del dispensario e di una differenza di 40 metri che avrebbe favorito un farmacista rispetto ad un altro.
Il conflitto sembra surreale mentre, da una parte, si cerca di ripensare le modalità di ingresso alle professioni mediche e paramediche nel Servizio Sanitario Nazionale e dall’altra, ci si attiva per spendere in maniera proficua i cospicui fondi destinati dal PNRR agli obiettivi di rafforzamento della medicina di prossimità.