Il passaggio a DPC (distribuzione per conto), di numerosi farmaci per malati cronici è considerato strategico da alcune regioni. In particolare ci è tornata l’Emilia Romagna nella sua proposta di rinnovo degli accordi sulla DPC.
La scelta non è nuova, ce ne siamo occupati in questo articolo. Già con una delibera approvata a fine agosto 2022, la Giunta regionale dell’Emilia Romagna, ha disposto il passaggio di alcuni farmaci di cura delle cronicità dalla distribuzione diretta alla distribuzione per conto. Grazie a questo passaggio, l’acquisto di questi farmaci di fascia A avviene ora tramite gara e direttamente dall’ASL, come riferito a suo tempo, tra gli altri, da Panorama Sanità.
Secondo la Giunta dell’Emilia Romagna, questa scelta contribuisce a migliorare il servizio per i pazienti cronici.
Non sono però d’accordo gli operatori del settore che invece vedono, dietro l’operazione, solo un tentativo di ridurre la spesa farmaceutica della regione. È noto infatti che l’Emilia Romagna deve affrontare un disavanzo grave, certamente non derivante dagli attuali criteri di distribuzione dei farmaci.
Lo scotto verrà pagato dalle aziende della filiera che saranno gravemente penalizzate da questa scelta.
La prima annotazione giuridica, sulla delibera è che ha creato disomogeneità nella classificazione dei medicinali a livello nazionale e di fatto limita le opzioni terapeutiche.
La questione della competenza regionale in questa materia torna prepotentemente in primo piano in un momento in cui, invece, la stessa AIFA ha aumentato la prescrivibilità di farmaci ai Medici di medicina generale.
Le associazioni di categoria come:
hanno espresso la loro preoccupazione per questa decisione in maniera molto chiara ed evidenziato come sia insostenibile economicamente per i distributori e per i farmacisti.
A questa osservazione, senz’altro pertinente, andrebbe aggiunta la considerazione che la distribuzione dei farmaci per malati cronici attraverso la DPC penalizza ulteriormente le già disagiate comunità rurali.
Il malato infatti dovrebbe recarsi ad una delle farmacie ospedaliere (spesso concentrate nei grandi centri), invece di rivolgersi a quella di prossimità, spesso indipendente e approvvigionata da distributori intermedi.
La rilettura della sentenza del TAR Emilia Romagna n. 179/2023 del 24 marzo scorso non rincuora e non spinge a cercare la soluzione giudiziaria al problema,
All’epoca il TAR infatti ha respinto il ricorso di Menarini su una analoga delibera che riguardava alcuni farmaci per il trattamento di patologie polmonari. Nel farlo ha invocato il decreto n. 347/2001 che appunto offre la possibilità alle Regioni di decidere sulla distribuzione diretta di farmaci non già inseriti nel PH-T (prontuario della distribuzione diretta Ospedale – Territorio).
Il Tribunale ha affermato, peraltro, che non verrebbe penalizzato il paziente, costretto a pagare il farmaco a prezzo intero, perché il meccanismo di approvvigionamento tramite gara consente già di applicare il prezzo migliore. Considerazione, quest’ultima, totalmente opinabile.
Sia dal punto di vista dei farmacisti indipendenti, che dei distributori intermedi, quanto evidentemente di alcune società produttrici, questa scelta è penalizzante perché non adottata in maniera equa e rispettosa delle esigenze primarie dei pazienti e di tutta la filiera.
La sintesi riferita a Farmacista33.it di Federico Conte, Presidente nazionale di Farmacieunite, sul passaggio alla DPC (distribuzione per conto), fornisce una chiosa efficace e condivisibile
Dice Conte: «Le ripercussioni di una scelta come quella prospettata dalla Regione Emilia-Romagna, che mi auguro possa essere riconsiderata, saranno disastrose non solo per le farmacie ma anche per i cittadini che, per avere i soliti farmaci, dovranno tornare più volte in farmacia con possibili ripercussioni sull’aderenza terapeutica. Con scelte discutibili come quella che stiamo commentando si rischia concretamente di scardinare un sistema di distribuzione del farmaco universalmente riconosciuto come efficiente».