In tema di distribuzione del farmaco, il Consiglio europeo e il Parlamento europeo adottando la direttiva sui Falsified Medicines Directive (direttiva 2011/62/UE) pubblicata il 1° luglio 2011 e in vigore dal 2 gennaio 2013 hanno introdotto misure europee armonizzate.
Le norme, pensate per combattere la contraffazione dei medicinali e garantire sicurezza e distribuzione rigorosamente controllata, non sono ancora state adottate dal nostro Paese che si giova di una proroga concessa fino al 2025.
La proroga nasce dal riconoscimento che la supply chain farmaceutica italiana era in grado di garantire già da prima della approvazione delle guidelines, standard molto elevati di controllo, che rispettano la sostanza delle buone pratiche europee di distribuzione dei medicinali per uso umano.
La proroga della ratifica della direttiva europea in tema di distribuzione del farmaco
Il nuovo termine però, hanno osservato alcuni esperti non è necessariamente un vantaggio.
L’industria farmaceutica nazionale esporta almeno il 70% della produzione e le aziende oggi sono tenute a confezionare i farmaci secondo due diversi metodi che corrispondono ad altrettanti cicli produttivi.
La ragione è che i bollini adesivi per il rispetto delle norme sulla distribuzione domestica arrivano dall’Istituto Poligrafico dello Stato, mentre i codici Datamatrix – essenziali per la circolazione dei farmaci in EU sono stampati sulla confezioni e non possono essere rimossi.
Molti hanno visto nella delocalizzazione della produzione una soluzione, con le conseguenze di impoverimento del settore che è facile intuire.
Quello che spaventa le aziende infatti sono gli investimenti necessari per garantire la piena compliance alle nuove norme in un momento in cui il comparto distributivo è già in grande sofferenza per numerose ragioni che coinvolgono logistica, costi del carburante, carenza di personale qualificato e altro ancora.
Se alla serializzazione si aggiunge la necessità, che riguarda una parte consistente dei farmaci distribuiti nel nostro paese, di rispettare la catena del freddo, è comprensibile l’affanno in cui si trovano i distributori, piccoli, grandi, organizzati o autonomi che siano.
L’osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” della School of Management del Politecnico di Milano ha calcolato che il 31% delle spedizioni di farmaci nel 2021 ha riguardato quei medicinali che vanno conservati a temperature tra i 2 e gli 8 gradi centigradi e il trend che li riguarda è in continua crescita, a causa delle nuove tecnologie che ne consentono la produzione.
La distribuzione del farmaco e la catena del freddo
La catena del freddo impone ai distributori di investire per rispondere a tutte le esigenze legate a confezionamento e trasporto:
- idoneità delle confezioni;
- utilizzo di apparecchiature omologate;
- imballaggi termici;
- veicoli a temperatura controllata e con coibentazione adeguata;
- apparecchiature per il monitoraggio delle temperatura costantemente manutenute e tarate anche per il calcolo delle variazioni stagionali.
Tutto questo, poi, va gestito da personale qualificato e adeguatamente formato.
Inevitabile dunque che le associazioni di categoria si esprimano con preoccupazione rispetto all’adeguamento alle normative che stanno per entrare in vigore: lo scenario è complesso e le prospettive tutt’altro che chiare.