Amazon entra nel settore sanitario, ma in Italia restano le difficoltà

Amazon ha reso ufficiale l’acquisizione di One Medical, il servizio sanitario online, per 3,9 miliardi di dollari.

di Samuele Barillà

La Big Tech dell’e-commerce, con l’acquisizione del portale One Medical potrà accedere alla rete di studi medici che negli Stati Uniti utilizzano la tecnologia di prenotazione online e telemedicina, per fornire, grazie alla App, prestazioni mediche sia di persona che virtuali ai pazienti. L’assistenza viene fornita sia a coloro che sono abbonati al servizio, sia ai dipendenti delle aziende che hanno sottoscritto appositi accordi con One Medical.

Il trasferimento non è ancora definitivo, manca l’approvazione da parte degli azionisti di One Medical e il verificarsi di altre condizioni. Questa acquisizione evidenzia il costante aumento dell’interesse di Amazon per il business sanitario; interesse già emerso negli ultimi anni. Dal 2020 Amazon vende farmaci online e nel 2021 ha attivato il servizio di telemedicina “Amazon Care” per le aziende.

 

La strategia di Amazon nel settore sanitario

Neil Lindsay, vicepresidente senior Amazon Health Services, nel comunicato stampa con il quale il brand ha diffuso la notizia, ha chiarito la strategia a lungo termine di Amazon nel settore sanitario.

«Riteniamo che l’assistenza sanitaria sia in cima alla lista delle esperienze che hanno bisogno di essere reinventate. Prenotare un appuntamento, aspettare settimane o addirittura mesi per essere visitati, prendere una pausa dal lavoro, guidare verso una clinica, trovare un parcheggio, attendere in sala d’attesa, sottoporsi all’esame che troppo spesso si riduce in un incontro di pochi minuti col medico, e poi recarsi in farmacia: vediamo molte opportunità sia per migliorare la qualità dell’esperienza, sia per restituire alle persone tempo prezioso delle loro giornate».

Insieme all’approccio all’assistenza sanitaria incentrato sull’uomo e basato sulla tecnologia di One Medical, Amazon sostiene di voler aiutare le persone a ricevere cure migliori, quando e come ne hanno bisogno.

Che l’assistenza sanitaria abbia notevoli potenzialità di miglioramento e di espansione e, quindi, di ricadute positive in termini economici sugli operatori del settore, trova conferma nell’effetto che la acquisizione di One Medical ha avuto in Borsa. Gli investitori hanno premiato la nuova iniziativa di Amazon facendo guadagnare al titolo di 1Life Healthcare, che detiene One Medical, il 68% a seguito dello scambio di azioni a 17,13 dollari.

 

La vendita di farmaci online in Italia

Apparentemente l’azienda ha intercettato le lacune di un settore in costante affanno, non solo negli Stati Uniti. È verosimile che l’esperienza statunitense possa essere replicata positivamente anche in Italia dove si registrano notevoli difficoltà nell’assistenza sanitaria.

Neil Lindsay, responsabile di Amazon Health Care ha osservato che si assiste alla costante crescita del fenomeno dell’addomesticamento tecnologico degli utenti dei servizi, indotto anche dalle politiche legislative che tendono a favorirlo.

La normativa sulla vendita online dei farmaci è stata introdotta nel nostro Paese con il Decreto legislativo n. 17 del 2014, in attuazione della direttiva del Parlamento europeo 2011/62/UE . L’argomento è già trattato in questo articolo.

Al momento gli ostacoli normativi impediscono alla piattaforma di Amazon di espandersi nel nostro Paese. Il primo e più pregnante è quello rappresentato dall’art. 112 quater del Decreto Legislativo 219 del 2006.

I farmaci da automedicazione e quelli vendibili senza prescrizione, che vengono chiamati OTC e SOP possono essere venduti dagli esercizi autorizzati (farmacie e parafarmacie), soltanto sui siti di loro proprietà, certificati da un bollino rilasciato dall’Unione Europea che rimanda alla scheda online depositata al ministero della Salute da parte dello stesso esercizio.

Durante un’audizione davanti alla Commissione Industria del Senato del febbraio 2022 il presidente del consorzio Netcomm, Roberto Liscia, ha presentato un pacchetto di integrazioni al disegno di legge Concorrenza dirette ad agevolare lo sviluppo del commercio online dei farmaci. Tra queste, anche la modifica del citato articolo (112-quater del d.lgs 219/2006), in modo da permettere a farmacie e parafarmacie di vendere i farmaci senza ricetta «anche su siti web intermediari e piattaforme per l’e-commerce».

Liscia ha chiarito alla Commissione, che «si potrebbero ridurre i costi di transazione e consentire ai venditori l’accesso a una più vasta platea di consumatori».

Il consorzio Netcomm è un sodalizio di oltre 400 imprese attive nel campo dell’e-commerce della trasformazione digitale. Tra i suoi soci ci sono colossi dell’online come Amazon, Alibaba Italy ed eBay, ma anche nomi familiari al mondo della farmacia come Apoteca Natura, Angelini, eFarma by Atida, Farmacentro, Farmaè, Farmacia Loreto Gallo (l’e-commerce di Farmacie Italiane), Msd, Mylan, Shop Farmacia (l’olandese Shop Apotheke).

 

Il divieto di Dropshipping in Italia

Il trasporto dei medicinali venduti online deve essere effettuato nel rispetto delle linee guida in materia di buona pratica di distribuzione, attualmente contenute nelle norme in vigore (Decreto Ministero della Salute 6 luglio 1999, in attesa del recepimento delle nuove Linee Guida europee del 5 novembre 2013).

Il dropshipping altro non è che la vendita di un prodotto senza possederlo materialmente nel proprio magazzino. Questa pratica è vietata; la farmacia ha l’obbligo di vendere online solo i farmaci che abbia acquistato con il proprio codice univoco e che siano conservati presso il proprio magazzino. Se il medicinale richiesto online dal cliente non è più disponibile in magazzino, il farmacista dovrà, prima di spedirlo, entrarne materialmente in possesso, ma non potrà chiedere al grossista di recapitarlo direttamente al cliente.

Questa condizione si applica anche alle farmacie che detengono la licenza a operare in qualità di distributore intermedio.

Il Sunshine Act è legge, ma ancora non decolla

# sunshine act

In un mondo in cui le operazioni di marketing delle aziende farmaceutiche sono fin troppo pubblicizzate e sbandierate, davvero si sentiva una esigenza di trasparenza, che perdipiù pone oneri a carico degli operatori privati? Ad una prima lettura il Sunshine Act lascia alcune perplessità

Promulgata il 31 maggio ed entrata in vigore il 26 giugno 2022, la Legge 62/2022, già ribattezzata dagli addetti ai lavori Sunshine Act, contiene disposizioni sulla trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie, per la prevenzione e il contrasto della corruzione e del degrado dell’azione amministrativa.

Pubblicità delle erogazioni, delle convenzioni e degli accordi che coinvolgono le aziende farmaceutiche nel Sunshine Act

Il fulcro della norma è certamente il dovere di dare pubblicità alle erogazioni, convenzioni e accordi intercorrenti con le aziende sanitarie, che alcuni interpreti hanno ribaltato in un “diritto (pubblico) alla conoscenza dei rapporti”.

La legge dichiara soggette a pubblicità le convenzioni e le erogazioni in denaro, beni, servizi o altre utilità effettuate da un’impresa produttrice in favore:

  1. di un soggetto che opera nel settore della salute (valore tra €100 e €1.000);
  2. di un’organizzazione sanitaria (valore superiore ai €1.000 euro unitari o € 2.500 annui);
  3. gli accordi tra le imprese produttrici e i soggetti che operano nel settore della salute o le organizzazioni sanitarie, che producano vantaggi diretti o indiretti come la partecipazione a convegni, eventi  formativi, comitati, commissioni, organi consultivi o comitati scientifici o ancora la costituzione di rapporti di consulenza, docenza o ricerca.

Le modalità di comunicazione sono previste dallo stesso articolo 3 della legge che anticipa la costituzione, entro 6 mesi dalla entrata in vigore (quindi intorno al Natale del 2022), del Registro pubblico telematico denominato «Sanità trasparente», che verrà varato con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

A quanto pare, dunque, anche l’obbligo di comunicazione è prorogato a quel momento.

Se la ratio è chiara, non lo sono altrettanto le definizioni né dei soggetti tenuti, né di quelli che sarebbero beneficiari delle dazioni, convenzioni o accordi. Questo fa temere, legittimamente, che la norma solleverà dubbi interpretativi nel momento della reale applicazione.

Comunicazione delle partecipazioni azionarie e obbligazionarie

Più pregnante dell’obbligo di pubblicità di convenzioni, accordi e dazioni è quello previsto dall’art.4 che dispone, a carico delle imprese produttrici che siano costituite in forma societaria di comunicare al Ministero della salute entro il 31 gennaio di ogni anno, i dati identificativi dei soggetti che operano nel settore della salute e delle organizzazioni sanitarie che:

  1. siano titolari di azioni o di quote del capitale della società o titolari di obbligazioni emesse, o iscritti per l’anno precedente nel libro dei soci o nel libro delle obbligazioni;
  2. abbiano percepito dalla società, nell’anno  precedente, corrispettivi per la concessione di licenze per l’utilizzazione economica di diritti di proprietà industriale o intellettuale.

L’onere di pubblicazione riguarda non solo i nomi, ma anche il valore corrispondente ad azioni, obbligazioni o proventi da proprietà intellettuale.

La legge fa discendere dal fatto stesso della titolarità di azioni od obbligazioni o dalla percezione di corrispettivi per la proprietà intellettuale, l’assenso a darne pubblica notizia ai sensi delle norme sulla privacy dei dati.

Il registro pubblico telematico «Sanità trasparente»

Il registro pubblico telematico sarà sostanzialmente un sito internet costruito secondo criteri di semplice usabilità e facilità di accesso, che adotti criteri comprensibili e omogenei per la presentazione dei dati e preveda funzioni di ricerca semplici ed efficienti per l’estrazione dei dati.

Il sito infatti sarà liberamente accessibile per la consultazione e provvisto di funzioni per la ricerca e l’estrazione delle comunicazioni, dei dati e degli atti secondo gli standard degli open data.

Le comunicazioni pubblicate saranno consultabili per cinque anni dalla data della pubblicazione, termine dal quale, una volta decorso, dipenderà la cancellazione dal registro.

Gli effetti imprevedibili del Sunshine Act sul marketing farmaceutico

Ora che l’applicazione concreta non è ancora avviata, all’interprete resta qualche curiosità.

È singolare la scelta legislativa di cercare realizzare trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione ponendo un onere a carico dei privati e non invece sugli operatori del Servizio sanitario.

Solo le imprese devono comunicare i dati relativi agli accordi e convenzioni in base alla nuova legge, tra questi anche i dati personali delle controparti e dei soggetti che operano nel settore salute. Rispetto a questi dati le imprese sono inoltre tenute alla veridicità, pena le elevate sanzioni amministrative e sempre che il fatto non costituisca reato.

 L’esercizio del corrispondente diritto (alla trasparenza), da parte dei cittadini è poi limitato a fruire di quanto risulta dal registro.

Da ultimo incuriosiscono i riflessi che la norma avrà sul variegato mondo del marketing farmaceutico, ora affollato da iniziative di ogni tipo, come il co/branding tra produttori e distributori.

In un mondo in cui le operazioni di marketing sono fin troppo pubblicizzate e sbandierate, davvero si sentiva una esigenza di trasparenza, perdipiù perseguita ponendo oneri a carico degli operatori privati?

 

avvocato Samuele Barillà