Non commette esercizio abusivo della professione il farmacista che esegue tamponi antigenici Covid 19 in parafarmacia
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22434 del 8 giugno 2022, ha escluso che il farmacista che esegue tamponi antigenici, per la diagnosi del Covid 19, all’interno di una parafarmacia, commetta il reato di esercizio abusivo della professione.
Il farmacista esegue tampone Covid in una parafarmacia
L’art. art. 348 del Codice penale punisce l’esercizio abusivo della professione per cui sia richiesta una speciale abilitazione dello Stato. Commette il reato colui che svolge, senza titolo abilitativo, una delle attività riservate ad una data categoria professionale.
Le farmacie (e dunque i farmacisti) sono stati abilitati per legge ad eseguire i tamponi per il rilevamento del Covid-19, in piena pandemia, con la Legge n. 78/2000.
La norma prevede che le farmacie, dotate di uno spazio fisico riservato ed idonee a garantire la riservatezza, possano effettuare i tamponi in questione con il relativo contributo statale.
Il farmacista abilitato che ha presentato il ricorso in Cassazione, si era visto contestare l’abusivo svolgimento della professione per la ragione che eseguiva i tamponi fuori dalla farmacia, in un esercizio commerciale, diverso dalla farmacia: la parafarmacia.
Nella norma di emergenza si parla in effetti solo di farmacie, ma il ricorrente ha fatto notare come la previsione volesse solo assicurare che la gestione dei test fosse affidata ad un farmacista, così come la comunicazione dei risultati alle autorità sanitarie preposte.
La decisione della Corte di Cassazione sui tamponi Covid eseguiti in parafarmacia
La Cassazione ha accolto la tesi del ricorrente e riconosciuto che essendo farmacista potesse praticare i test antigenici e non commettesse alcun abuso.
La Corte, per giungere a questa conclusione ha ricordato quale sia il bene tutelato dalla norma penale contro l’abuso, cioè: «la tutela l’interesse generale a che determinate professioni, richiedenti particolari requisiti di probità e competenza, vengano esercitate da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla legge».
Quella di farmacista è una delle professioni a cui si arriva con il conseguimento del titolo abilitativo e con l’iscrizione al relativo albo professionale.
Con specifico riferimento ai test antigenici poi, il Governo ha stabilito, con decreto poi convertito in legge [Decreto Legge n. 52 del 2021, convertito con modificazioni dalla Legge 87 del 2021] che i tamponi possono essere eseguiti da “operatori sanitari o da altri soggetti reputati idonei dal Ministro della Salute”, e quindi anche dai farmacisti.
La norma emessa durante l’emergenza pandemica, secondo la Corte, consente la somministrazione di test antigenici nelle farmacie che abbiano determinati standard organizzativi e così facendo inserisce una nuova attività tra quelle rientranti nella professione di farmacista, per l’appunto l’erogazione dei test.
La Corte ha, infatti, evidenziato come la norma miri a realizzare due finalità che nulla hanno a che vedere con l’interesse garantito dalla norma penale; esse sono la sicurezza e riservatezza dell’erogazione e il rispetto di «determinati equilibri di tipo economico, con riguardo agli esborsi richiesti alla platea dei fruitori del servizio».
Le conseguenze della decisione sui tamponi Covid eseguiti dal farmacista in parafarmacia
La violazione della norma che riserva i test antigenici alle farmacie, può avere conseguenze in termini di responsabilità, ma non certamente conseguenze penali, perché non definisce la condotta di abusivo esercizio della professione previsto dall’articolo 348 del Codice Penale, questa la pacifica conclusione.
Alcuni commentatori hanno però dato una interpretazione, per così dire ampia delle conseguenze a cui porterebbe questa sentenza.
Un approccio più prudente sembra però preferibile, sia per aderenza alle scelte normative, sia come corollario logico nel caso specifico.
Queste conseguenze non possono essere il segno di una apertura generalizzata alla somministrazione di test antigenici o allo svolgimento di attività di competenza del farmacista in ambiti diversi dalla farmacia.
La sentenza deve essere letta come un atto circoscritto all’ambito penale e allo specifico caso concreto.
Non ha infatti intaccato l’impianto normativo che delimita l’esercizio delle attività riservate ai farmacisti nei locali della farmacia. Ha espresso solo il principio che l’esecuzione dei test in farmacia, previsto dalla norma emergenziale, non vale a definire la condotta di rilevanza penale di abusivo esercizio della professione.
La Corte inoltre, ha deciso di non sottoporre alla Corte Costituzionale il rilievo, pure sollevato dal ricorrente, di illegittimità costituzionale della normativa emergenziale e ha paventato altri profili di responsabilità, diversi da quelli penale, connessi alla somministrazione del test nelle parafarmacie.
L’esercizio delle attività, riservate al farmacista, in ambiti diversi dalla farmacia rappresenta una questione dibattuta da tempo.
In questo post di Linkedin, si riporta la notizia che il TAR Marche, con ordinanza n. 7/2022, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale proprio della riserva alle sole farmacie dei tamponi anti-covid.
La linea dell’apertura alla esecuzione dei test nelle parafarmacie potrebbe costituire il volano per legittimare l’erogazione – al loro interno – di altre prestazioni per le quali fossero abilitati i farmacisti e non fosse richiesta la prescrizione medica.
Le ripercussioni sono importanti, in termini concorrenziali e quindi economici, sulla attività delle farmacie, e questa interpretazione sarebbe in controtendenza con la valorizzazione non solo del ruolo del farmacista, ma anche della funzione della farmacia, quale presidio territoriale del SSN, nell’ambito del progetto della “Farmacia dei servizi” tuttora in via di attuazione come ricaduta del PNRR.