Farmacia e Parafarmacia, scontro in Corte Costituzionale

La pandemia ha reso le farmacie degli snodi fondamentali per il servizio di screening anti covid. Nelle Marche, anche le parafarmacie erano state inserite tra i soggetti abilitati, poi sono state escluse. La questione ora pende avanti la Corte Costituzionale e dalla decisione potrebbero discendere ulteriori conseguenze.

Il TAR Marche con ordinanza n. 7 del gennaio 2022 ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla riserva alle sole farmacie – e non anche alle parafarmacie – dei tamponi anti Covid.

La Giunta regionale delle Marche aveva infatti ha annullato la delibera n. 465/2021 che consentiva alle parafarmacie di distribuire i test rapidi sierologici e antigenici per il Covid-19.

La delibera era frutto di un accordo del maggio 2021, siglato tra la stessa Giunta e le sigle che rappresentano i farmacisti di parafarmacia e aveva la dichiarata intenzione di potenziare il novero delle strutture abilitate a contribuire allo screening della popolazione in piena pandemia. Si erano così incluse le parafarmacie tra le strutture abilitate, a condizione che consentissero, per spazi e struttura, di provvedervi adeguatamente.

Federfarma Marche però, lo scorso 26 aprile 2021, diffidava formalmente la Giunta Regionale, chiedendo l’annullamento di quella delibera sostenendo una serie di violazioni tra cui quella della legge di bilancio 2020 (in particolare dell’art. 1, commi 418 e 419, della L. n. 178/2020), che indica solo le «farmacie» tra i soggetti idonei ad eseguire i tamponi.

La Giunta ha sospeso la vigenza della delibera e il provvedimento è stato impugnato da un gruppo di parafarmacisti avanti il Tribunale Amministrativo regionale che ha ritenuto di invocare la pronuncia della Corte costituzionale per contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza dei cittadini davanti alla legge), e 41 (libertà di iniziativa economica), della Costituzione.

Le conseguenze sul mercato del farmaco di una pronuncia di incostituzionalità

Se la Consulta dovesse esprimersi rilevando che il conflitto sussiste e le parafarmacie sono state ingiustamente penalizzate, il primo effetto sarebbe l’inclusione di un inciso che indichi le parafarmacie nella legislazione vigente. Le conseguenze non tarderebbero ad arrivare.

Indipendentemente da questa vicenda, però, il modello della farmacia ha subito in questi anni notevoli cambiamenti che ne hanno modificato la fisionomia.

È lecito chiedersi se la “triade” Farmaco-Farmacia-Farmacista rischi la crisi o se le sollecitazioni che vengono dal mercato aiuteranno la farmacia tradizionale ad evolvere ulteriormente.

Un primo sviluppo verrà dall’impatto della farmacia dei servizi, modello che consente alla farmacia di andare oltre alla mera distribuzione dei farmaci, attraverso la fornitura di servizi di assistenza domiciliare, di realizzare campagne di educazione sanitaria e di prevenzione e di prenotare gli esami e le visite specialistiche.

La farmacia dei servizi è stata introdotta nel 2009 (L.69/2009 cui è seguito il Decreto Legislativo 153/2009) e l’interesse dell’esecutivo per la sua piena realizzazione è stato confermato – come già visto- dalla Legge di Bilancio del 2020.

Oltre alle parafarmacie il cui ingresso sul mercato ha certamente eroso gli spazi commerciali delle farmacie, un altro fenomeno che interferisce con il mercato protetto delle farmacie è quello delle vendite online, di cui ci siamo occupati in un articolo precedente.

Ma altri soggetti sono entrati e stanno espandendosi sul mercato come concorrenti tanto dei distributori tanto dei retailer nel settore farmaceutico, sono le grandi catene di distribuzione come Boots e le Case di comunità che trasformeranno rispettivamente il mercato della distribuzione dei farmaci e la struttura di assistenza, in particolare di pazienti affetti da malattie croniche.

Se non bastasse, nello scenario emergenziale, con i fondi del PNRR che saranno destinati a colmare le attuali lacune del sistema di assistenza territoriale, sono piuttosto agguerrite anche le farmacie ospedaliere che rivendicano il riconoscimento della loro peculiarità di presidi di ricerca, orientati alla prevenzione e gestione della terapia, ma anche alla preparazione e distribuzione di farmaci, oltre che alla progettazione e fruizione delle tecnologie di healthcare.

Lo spazio delle farmacie si comprime o la concorrenza le riqualifica?

La domanda è dunque senza risposta, ma non c’è dubbio che la sfida sia aperta e che il confronto ora in atto davanti alla Corte Costituzionale potrà fornire una prima indicazione sullo scenario futuribile per il mercato farmaceutico retail.

 

avvocato Samuele Barillà

La complessa natura giuridica della farmacia e le conseguenze sui crediti

Una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (la n. 26496 del 20/11/2020), ha escluso la possibilità per la farmacia di chiedere all’ASL inadempiente gli interessi moratori riconoscendo alla farmacia una prevalente natura di servizio pubblico. Questo e altri corollari della decisione sono in grado di produrre effetti imprevedibili che si rifletterebbero a catena sulla intera filiera distributiva.

L’antica arte della farmacia ha assunto, in tempi moderni, connotazioni ben più articolate che in passato, quando era legata solo alla preparazione e distribuzione dei farmaci.

La regolamentazione ne riflette la crescente complessità e ha seguito percorsi non lineari.

L’esercizio dell’attività della farmacia può avere natura pubblicistica, quale articolazione territoriale dell’attività statuale di tutela della salute dei cittadini o natura imprenditoriale, che si sostiene con mezzi economici propri e persegue finalità privatistiche. Perdipiù il farmacista, unica figura abilitata a condurre una farmacia, è un libero professionista iscritto ad un albo presso un Ordine professionale.

Le norme susseguitesi nel tempo e l’interpretazione della giurisprudenza hanno portato a far propendere per una delle due funzioni a seconda che la farmacia venisse considerata nel suo rapporto con la cittadinanza, con il servizio pubblico e con il mercato, tanto in termini di concorrenza sui servizi, che di asset economico suscettibile di interessi speculativi.

In una parola, la natura imprenditoriale o meno dell’attività di farmacia è condizionata da quella che viene esercitata in concreto.

La natura giuridica complessa impatta con vari aspetti della vita della farmacia, a cominciare dalle  prescrizioni sui prodotti, per continuare sul contratto collettivo applicabile ai dipendenti e arrivare alla natura dei crediti che la farmacia vanta nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale che possono, a loro volta, essere oggetto di attenzione dei creditori della farmacia.

I crediti della farmacia e la loro pignorabilità

In un altro articolo pubblicato su questa piattaforma abbiamo tratteggiato la questione degli interessi moratori riconosciuti sui crediti vantati dalla farmacia nei confronti del SSN.

Una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (la n. 26496 del 20/11/2020), ha escluso la possibilità per la farmacia di chiedere all’ASL inadempiente gli interessi moratori ex Dlgs 231/02 (nella versione antecedente la novella europea del 2011 -Direttiva 2011/7/UE).

Per inquadrare la portata della sentenza, occorrono un paio di premesse sintetiche.

  1. Il farmacista non può rifiutarsi di adempiere l’obbligo di consegnare al paziente il medicinale oggetto della ricetta. La dispensazione di un farmaco di classe A è interamente rimborsabile a carico del SSN e genera un credito equivalente al prezzo in favore della farmacia.
  2. Le ASL non sempre sono in grado di rimborsare tempestivamente i crediti alle farmacie territoriali, per mancanza di fondi (la situazione presenta forti disomogeneità territoriali, ma questa è un’altra storia).
  3. L’ASL che non rifonde il credito al farmacista è inadempiente, ma potrebbe costringere il farmacista a esserlo a sua volta verso la società distributrice di farmaci a cui il farmacista oppone di non aver ricevuto il rimborso.

La causa dell’inadempienza diviene una vera e propria esimente di sistema

Il farmacista è obbligato a rifornire il paziente e soggiace alla preminenza dell’assistenza sanitaria. L’ASL non gli rifonde tempestivamente il farmaco mutuato, così che, per causa a lui non imputabile, non sarebbe tenuto a pagare gli interessi al distributore.

Lo stesso ragionamento potrebbe essere fatto valere dalla ASL nei confronti del farmacista che pretenda il pagamento delle somme anticipate per l’acquisto dei farmaci con obbligo di prescrizione. Se egli potesse pretendere il pagamento degli interessi moratori dalla ASL, ma potesse rifiutarsi di corrisponderli ai distributori di farmaci suoi creditori, si creerebbe un palese e inaccettabile squilibrio di trattamento.

La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite menzionata sopra stabilisce che la tutela del diritto dei cittadini / pazienti alla salute, come riconosciuto dall’art. 32 Cost. prevalga sul profilo commerciale limitatamente alla dispensazione dei farmaci di classe A (interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale).

La distribuzione di farmaci di Classe A non può essere considerata “attività economica organizzata” da parte del farmacista e nemmeno svolgimento della libera professione, mentre configura la partecipazione strutturale e ordinaria a livello territoriale del SSN.

Per questa ragione, il farmacista non ha i requisiti per chiedere all’ASL gli interessi moratori in caso di ritardato pagamento.

Ovviamente, la sentenza riconosce che il punto è stato superato dall’evoluzione normativa, (in particolare dall’art. 4 Dlgs 231/02 nella versione in vigore dal 1° gennaio 2013), che ha disciplinato il decorso degli interessi moratori nei confronti degli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria.

La Corte di Cassazione argomenta letteralmente in questo passaggio: «Dissezionando la giustapposta duplice natura dell’attività del farmacista – riconducibile l’una alla libera professione e l’altra al pubblico servizio – così da estrarre quella che viene in gioco ai fini della dispensazione dei farmaci di classe A, non può non concludersi che in questa il farmacista è direttamente e specificamente inserito nel servizio sanitario nazionale, come suo segmento».

Il principio è enunciato con chiarezza: il farmacista – limitatamente alla dispensazione dei farmaci di fascia A – esercita un pubblico servizio.

Questo porta almeno due conseguenze generali.

  1. Da un lato, le norme che dovessero limitare la pignorabilità delle rimesse finanziarie al SSN (penso all’art. 117 comma 4, DL 34/2020), potrebbero rendere altrettanto impignorabili per i terzi, i crediti vantati dalle Farmacie nei confronti del SSN.
  2. Dall’altro, la convinta attribuzione della qualità di servizio pubblico alla farmacia potrebbe attrarre il compendio di norme penali a protezione dello status. Tra le altre si pensi alla tutela posta contro l’inadempimento di contratti di pubbliche forniture.

Entrambi questi corollari sono in grado di produrre effetti imprevedibili che si rifletterebbero a catena sulla intera filiera distributiva.

 

Avvocato Samuele Barillà