L’incompatibilità tra la professione di medico e di farmacista è ancora ampiamente discussa nel mondo giuridico. Questo articolo è una panoramica sulla situazione attuale, dalle prime sentenze alle più recenti scelte del Legislatore.
L’incompatibilità tra la professione medica e quella del farmacista è circostanza ben nota nel mondo giuridico ed è disciplinata nel nostro ordinamento dagli articoli 7 e 8 della Legge 362/1991 (Norme di riordino del settore farmaceutico). Secondo queste norme, la partecipazione alle società di farmacia non è conciliabile con l’esercizio della professione medica.
Le motivazioni di questa scelta del Legislatore sono da ricercare nel conflitto di interessi che si potrebbe creare esercitando al contempo l’attività di prescrizione e quella di dispensazione dei medicinali.
Il divieto è dunque considerato necessario per preservare la salute pubblica e il corretto svolgimento del servizio farmaceutico.
Su questa questione e sulla sua interpretazione sono però in corso alcuni mutamenti, sino dalla approvazione della legge n. 124 del 2017 con la quale è stato concesso alle società di capitali di diventare titolari dell’esercizio di una farmacia. I dubbi e i quesiti sollevati tra questa disposizione e l’istituto dell’incompatibilità, si riferiscono in particolare al “se” e con quali limiti «la partecipazione alle società di farmacia è incompatibile… con l’esercizio della professione medica».
Secondo la stesura letterale della norma, infatti, l’incompatibilità riguarderebbe solo il socio persona fisica, ma per gli interpreti è inevitabile chiedersi se non si estenda invece anche alle società che svolgono attività sanitaria in senso più ampio, o ancora alle società nel cui organo amministrativo siedano componenti che svolgono attività medico-sanitaria.
I giudici hanno ritenuto che la partecipazione societaria di una casa di cura alla società di gestione della farmacia fosse incompatibile con l’esercizio della professione medica esercitata dalla stessa casa di cura per violazione dell’art. 7 citato. Per il Tribunale è “indubbio che la partecipazione di un medico in un organo a cui spetta la gestione della società, che a sua volta è socio unico della società titolare di farmacia, non esclude quella commistione fra gestione di una farmacia e gestione diretta o indiretta di attività medica che può dar vita ad un potenziale conflitto di interessi”.
Dunque la società controllante, che gestisce una casa di cura e un ambulatorio medico, svolge indubbiamente attività medico-sanitaria. Si conferma come sia il potenziale conflitto di interessi che porta il Giudice amministrativo all’estensione dell’incompatibilità ad altra società, diversa da quella titolare di farmacia.
La terza sezione, con una sentenza non definitiva di fine dicembre 2021, ha posto al vaglio dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato l’interpretazione di queste norme. Non resta che attendere la pronuncia conclusiva su questa sottile questione.