La bozza di Decreto legislativo diramata dal Ministero della Salute alle Associazioni di categoria prevede, in attuazione del Regolamento Ue 2019/6, la possibilità per i farmacisti di confezionare direttamente i medicinali veterinari nella quantità più aderenti al piano terapeutico indicato dal veterinario curante.
L’intento della norma è di ridurre sprechi e inquinamento. Il regolamento autorizza il farmacista ad aprire le scatole di medicinali e a consegnare al paziente soltanto quelli necessari per la terapia. Naturalmente dovrà essere inserito il bugiardino in ogni confezione e questo dovrà essere fornito dal produttore.
Questo nuovo tipo di confezionamento costringerà probabilmente a richiedere una nuova AIC (autorizzazione di immissione in commercio), il che implica certamente un aggravio di costi per il produttore, come osserva (in una intervista a Pharmacy Scanner), il direttore di Aisa-Federchimica, associazione che rappresenta i produttori di farmaci veterinari.
Il punto pare proprio essere la produzione dei foglietti illustrativi in numero sufficiente, è auspicabile che si trovi una soluzione di buon senso.
Per i medicinali di consumo umano, sono già avviate le esperienze lombarda, veneta ed emiliana. La Lombardia ha adottato linee guida molto dettagliate, lo scorso luglio anche il Lazio ha avviato il percorso e la Liguria pare intenzionata ad aprire un tavolo di lavoro per elaborare un modello operativo (fonte Farmacista 33).
Sull’esempio di quanto avviene in altri paesi, i farmacisti hanno e avranno sempre più la possibilità di confezionare, direttamente nei propri locali, i farmaci prescritti dal medico curante, nella quantità prevista dal piano terapeutico del paziente per un determinato periodo, seguendo scrupolosamente una serie di prescrizioni.
Questa novità presenta indubbi vantaggi:
L’opportunità di arrivare al deblistering già sperimentato con successo in numerosi altri paesi, presenta alcune incertezze, non tanto e non solo normative, ma che riguardano profili di sicurezza e logistico-operativi legati alle diverse esigenze che avranno i farmacisti.
Solo per citarne alcune: serviranno scatole più grandi, bugiardini in numero sufficiente da inserire in ogni confezione, norme chiare sulla sicurezza degli ambienti di stoccaggio, controlli sulle scadenze, e molto altro ancora.
Molte di queste novità avranno un diretto impatto sull’aumento dei costi che graveranno sulla filiera produttiva e di distribuzione e finiranno per pesare sul paziente e consumatore finale.
Per non parlare delle questioni, che meritano un approfondimento a parte, relative alla tracciabilità del farmaco, alla sua etichettatura e marcatura anticontraffazione e via dicendo.
Il deblistering è un argomento discusso da molto tempo, tra gli operatori, ma mancano le modalità operative nazionali.
Le criticità più significative e di soluzione incerta sono quelle che riguardano l’armonizzazione delle norme.
Le esperienze regionali consentono di valutare alcuni impatti del fenomeno, ma una proliferazione di norme non coordinate e diverse da regione a regione, non sembra la soluzione più razionale in attesa della entrata in vigore, anche in Italia della Falsified Medicine Directive 2011/62 EU.
È evidente che l’adozione di norme operative per il deblistering non coordinate a livello nazionale influenzerebbero, come è facile immaginare, tanto l’industria di produzione dei farmaci, tanto la supply chain, in un momento, come questo, in cui ancora non è chiara quale sarà la strada tecnica che verrà imboccata per l’adesione alla normativa europea di contrasto alla contraffazione che impongono standard ancora più severi di tracciabilità e standardizzazione.
Dopo l’esperienza della pandemia, non sembra questo lo snodo sul quale testare una autonomia regionale che finirebbe per proliferare fattispecie di conflitto ora inimmaginabili. Più che mai si sente il bisogno (e si auspica), l’adozione di un protocollo quadro nazionale a cui le regioni aderiscano che consenta l’armonizzazione delle norme, a tutela della chiarezza e della certezza del diritto.