Il ministero ha messo ieri in agenda per il 21 marzo prossimo, la riunione del tavolo istituito per iniziativa del sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato e dedicato a home delivery ed e-commerce di farmaci non soggetti a prescrizione medica.
La data di riunione delle parti al tavolo ministeriale – istituito sin da settembre e convocato a dicembre dello scorso anno – è diventata imminente grazie all’accelerazione impressa dalla pubblicazione della Sentenza della Corte di Giustizia europea emessa il 29 febbraio 2024 nella causa C-606/21 che ha sollevato numerose reazioni in tutta Europa.
La sentenza della Corte di giustizia sulla vendita di farmaci online
Del commento alla recentissima sentenza si sono occupate ampiamente le principali testate di settore, tra le altre vale la pena di richiamare Il Sole 24 Ore, Altalex e Pharmacy Scanner.
La pronuncia ha sollevato il dibattito in tutti gli Stati aderenti all’UE: tanto in Italia e Francia, da cui originava la causa, entrambi paesi in cui la vendita di farmaci online è vietata, tanto in Germania, paese nel quale invece è consentito anche l’e-commerce di farmaci subordinati prescrizione medica.
La questione infatti tocca numerosi temi, tra cui:
- quello annoso della illiceità in Italia della vendita online di farmaci con prescrizione (art. 147, comma 4 bis del D.Lgs. n. 219/2006);
- quello della liceità della vendita online di farmaci senza prescrizione (sop e otc), concessa solamente sul sito della farmacia (circolare DGDMF prot. 0025654 del 10.5.2016);
- e infine quello della distribuzione a domicilio dei farmaci (home delivery), da parte di un terzo che non sia il farmacista (supplier o distributore), implicata dalla vendita a distanza.
La sentenza della Corte di Giustizia sostanzialmente precisa a quali condizioni gli Stati membri possano vietare il servizio offerto dai marketplace.
Il marketplace non è un negozio, ma una piattaforma che offre servizi
La sentenza si assume il compito di definire il termine marketplace in questo ambito: non sono negozi online che vendono direttamente al pubblico, praticando l’e-commerce, ma piattaforme che consentono l’incontro tra inserzionisti (in questo caso farmacisti in possesso di tutte le autorizzazioni alla vendita), e consumatori.
Lo scambio è diretto tra queste due parti anche se è favorito dalla piattaforma che organizza i contenuti, li presenta come parti di un solo catalogo, offre garanzie sulla regolarità dei sistemi di pagamento e fornisce dati per il controllo delle consegne.
Il punto nodale si trova infatti nel ruolo che la piattaforma marketplace assume nello scambio, da cui discende la facoltà dello Stato membro di impedirne l’attività in ambito farmaceutico.
Se il prestatore del servizio non ha la qualifica di farmacista lo Stato membro può legittimamente vietare la vendita di farmaci, ma se la piattaforma si limita a offrire una prestazione propria e distinta dalla vendita nel mettere in contatto farmacisti e consumatori, lo Stato membro non potrà vietare l’attività che è considerata «servizio della società dell’informazione» e come tale perfettamente lecita.
Le conseguenze per la vendita online di farmaci otc e sop
I quesiti sui quali si sta focalizzando il dibattito sono quindi sostanzialmente tre, uno tecnico, e due di mercato.
Il primo è come verificare che il servizio offerto dal marketplace si limiti a fornire il contatto tra venditori e clienti e la piattaforma non partecipi alla vendita del farmaco; il secondo riguarda l’attesa sulla reazione di Amazon, il marketplace più forte al mondo che già ospita numerose farmacie per la vendita di prodotti parafarmaceutici.
Il terzo e ultimo quesito, ma non per questo meno importante, riguarda invece l’aspetto della consegna del farmaco e parafarmaco acquistato online.
La consegna dei farmaci, il ruolo dei distributori
La sentenza della Corte di Giustizia, ampliando il raggio di azione delle piattaforme online, potrebbe aprire le porte ad un ripensamento anche dell’home delivery.
La possibilità di consegnare attraverso dispositivi (smart locker) o consegne dirette, da parte delle farmacie è stata fermata (se ne è parlato in questo articolo), ma il maggior fiato che potrebbero acquisire le piattaforme potrebbe allargare le maglie della consegna da parte di distributori oggi non autorizzati.
Il passo per lo sdoganamento delle App di consegna a domicilio è davvero breve e va molto al di là della mera conformità letterale della consegna di farmaci fuori dalla farmacia con la normativa vigente (in particolare il D.lgs 17/2014 e la circolare del Ministero datata 10 maggio 2015), perché tocca aspetti di mercato non banali.
Dietro la consegna dei farmaci infatti, c’è una intera filiera, quella della distribuzione indipendente.
È fatta di aziende che si sostengono nonostante costi sempre più gravosi (tanto per citarne qualcuno, energia e carburante), per garantire un servizio capillare.
Avere magazzini e flotta per rispondere alle richieste di consegna richiede notevoli investimenti in strutture, tecnologie e know-how.
La consegna di farmaci richiede attenzione sotto diversi profili, tra cui:
- la garanzia di conformità del prodotto;
- la sua disponibilità sul mercato;
- i tempi e le condizioni di conservazione;
- la tracciabilità dei colli;
- la prova di consegna;
- la sicurezza durante il trasporto;
- le garanzie e assicurazioni
- la copertura capillare del territorio che tocca ogni angolo, anche remoto, del nostro Paese.
A pochi mesi dall’entrata in vigore anche in Italia, della Falsified Medicines Directive (direttiva 2011/62/UE), bisognerà tenere conto di come una distribuzione meno accurata di prodotti farmaceutici possa impattare sulla salute dei consumatori.