La nuova legge di bilancio e gli impatti sulla distribuzione farmaci

La bozza della Legge di Bilancio 2024, all’art.44  propone una modifica delle modalità di distribuzione dei farmaci. Propone anche la revisione del sistema di remunerazione delle farmacie per il rimborso dei farmaci erogati in regime di Servizio sanitario nazionale che dal primo marzo 2024 sarebbe sostituito da una quota variabile e da quote fisse.

Gli interventi sui tetti alla spesa

Si interviene sia sui tetti alla spesa, che sul meccanismo di remunerazione delle farmacie. Nel primo caso crescono le percentuali di quella per l’assistenza diretta e flettono quelle per la convenzionata; nel secondo l’aggiornamento degli importi (fissi e variabili) riconosciuti per farmaco si accompagna alla previsione di specifiche maggiorazioni e alla eliminazione degli sconti.

Il nuovo sistema di remunerazione prevede la corresponsione per ciascuna confezione venduta di una quota percentuale (il 6 per cento del prezzo) e di una quota fissa che varia in relazione al prezzo. Ad esse si aggiungono ulteriori quote nel caso di vendite di farmaci inseriti nelle liste di trasparenza e/o in funzione del fatturato registrato verso il SSN. Al contempo sono soppressi gli sconti previsti finora a carico delle farmacie, che nel 2022 avevano consentito di abbattere il costo per il sistema sanitario di circa 540 milioni.

L’incremento dei margini per le farmacie aumenterebbe, secondo la relazione tecnica, di 227 milioni, quindi in misura inferiore all’importo stesso degli sconti finora corrisposti. Se ne desume che il nuovo sistema vede ridursi l’importo medio finora corrisposto per confezione.

Al netto poi della remunerazione aggiuntiva prevista dalla legge 197/2022, la maggiore spesa a carico del SSN è stimata in 77 milioni annui (53 milioni per il 2024).

L’obiettivo dichiarato dal Legislatore è favorire l’accesso dei pazienti ai farmaci attraverso una distribuzione più capillare. Questo obiettivo sarà realizzato rivedendo il prontuario della continuità assistenziale ospedale-territorio (PHT), e la riclassificazione di alcuni farmaci nella fascia A.

La conseguenza immediata sarà l’aumento dell’utilizzo da parte delle farmacie del canale convenzionato rispetto alla distribuzione diretta o per conto (DPC).

Il testo è ancora in fase di revisione e potrebbero essere apportate modifiche, ma è utile intanto riflettere sugli impatti potenziali di questa norma che prende le mosse dalla indagine della XII commissione “Affari sociali” che evidenziò, nel 2022 la necessità di aggiornare le forme di distribuzione previste dalla legge 405/2001 per garantire una assistenza farmaceutica di prossimità distribuita in maniera più omogenea sul territorio.

 

Gli impatti sulla filiera di distribuzione dei farmaci

I potenziali impatti dell’art. 44, però, potrebbero estendersi ben oltre questo aspetto, come viene evidenziato dagli analisti della SDA Bocconi School of Management, su Il Sole 24 Ore Sanità, e segnatamente:

  1. Impatto sulle farmacie
    L’effetto del maggiore utilizzo del canale convenzionato avrà conseguenze diverse nelle diverse regioni, a seconda dell’attuale utilizzo della distribuzione diretta e per conto (DPC).
  2. Impatto sulla spesa farmaceutica e sull’efficienza nell’uso delle risorse dei tetti di spesa
    Lo spostamento dalla distribuzione diretta di fascia A e dalla DPC alla distribuzione convenzionata comporta un cambio nella qualificazione della spesa. La norma potrebbe avere l’effetto di alleggerire per le farmacie il superamento del tetto degli acquisti diretti.
  3. Impatto organizzativo per le farmacie ospedaliere e per il procurement
    L’aspetto positivo per le organizzazioni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) potrebbe alleggerire la logistica delle farmacie ospedaliere e ridurre il carico per le istituzioni responsabili dell’approvvigionamento dei farmaci di fascia A, grazie all’utilizzo del canale convenzionato.
    I farmaci acquistati tramite il canale convenzionato infatti non vengono acquistati direttamente dal SSN, ma vengono solo rimborsati.
  4. Impatto sulle imprese farmaceutiche e sul mercato
    Dal punto di vista delle imprese farmaceutiche, potrebbe essere positivo il fatto che molti prodotti, soprattutto quelli a brevetto scaduto, si spostino sul canale convenzionato, dove il prezzo è meno incerto. Le politiche attuali di approvvigionamento dei farmaci maturi hanno generato distorsioni significative sul mercato, portando alla progressiva riduzione dei fornitori nel nostro paese e all’aumento delle carenze. L’uso maggiore del canale convenzionato per i prodotti fuori brevetto garantisce un prezzo uniforme per tutti verso il SSN.(Ci siamo occupati di farmaci “maturi in questo blog. Leggi l’articolo).

  5. Impatto su cittadini e pazienti

    Sulla carta, il semplice spostamento dei farmaci dalla distribuzione pubblica controllata (DPC) alla distribuzione convenzionata non avrà un impatto significativo per i cittadini e i pazienti che difficilmente noteranno la differenza. L’effetto sarà più evidente nelle regioni in cui la DPC o il doppio canale non sono stati ampiamente utilizzati. In questi casi, potrebbe esserci un miglior accesso ai farmaci e quindi un miglioramento dell’equità.

 

L’impatto sulla distribuzione indipendente

L’analisi però sottolinea che i prodotti di fascia A acquistati attraverso il canale convenzionato hanno un prezzo negoziato con l’industria che è tendenzialmente più alto rispetto all’acquisto tramite gara, soprattutto per i prodotti a brevetto scaduto.

Nel prezzo dei prodotti che viene praticato al pubblico è incluso anche il margine di profitto per la filiera, che comprende grossisti, distributori e farmacie.

Nel trasferire i prodotti dalla distribuzione pubblica controllata (DPC) a quella convenzionata, il costo del servizio di erogazione (cioè il margine per la filiera nella spesa convenzionata), sarà incluso nel calcolo dei limiti di spesa e non sarà più considerato come un costo esterno alla spesa farmaceutica con impatti di contabilità pubblica non trascurabili.

È quindi probabile che si verifichi una riduzione delle risorse non utilizzate, ma ciò sarà dovuto non solo alla riclassificazione dei farmaci, ma anche al possibile spostamento di voci di costo precedentemente non incluse verso i limiti di spesa.

«La sostanziale eliminazione del canale DPC – si legge nell’analisi citata- potrebbe aumentare il fenomeno dell’acquisto out-of-pocket anche di farmaci rimborsabili, così come già avviene diffusamente oggi per i farmaci distribuiti in convenzionata (Osmed riporta 1,9 miliardi nel 2022, già in crescita del 16,1% rispetto al 2021).  C’è quindi il rischio che per risolvere un problema di equità nell’accesso capillare se ne generi un altro relativo alla spesa a carico dell’assistito».

Rischio che si ribalta potenzialmente su quella parte della filiera che verrebbe scavalcata da un ricorso improprio all’acquisto diretto.

Samuele Barillà

Le catene di farmacie, un modello da ripensare

Il modello della grande catena di negozi di farmacie retail vacilla, come acuti osservatori fanno notare a seguito di alcuni segnali piuttosto inequivocabili.

Ne parla Alessando Orano su Pharmacy Scanner e cita alcuni esempi:

  • Rite Aid, grosso gruppo USA che ha fatto ricorso al Chapter 11 e dichiarato bancarotta;
  • WBA che a causa di perdite costanti in borsa ha sostituito i vertici;
  • LloydsPharmacy si sta disfando dei punti vendita;
  • Boots Uk da tempo cerca un compratore senza trovarlo.

La crisi delle grandi catene di farmacie retail nel mondo anglosassone

Questo fenomeno sembra non scoraggiare gli investitori che ancora approcciano il nostro Paese come un mercato nel quale, nonostante la crisi generale del modello di vendita al pubblico retail, il settore farmaceutico sembra tenere.

I segnali preoccupanti che tutti vedono riguardano la forte concorrenza degli altri canali di vendita che, così come nel settore del libro, della moda e persino del cibo, hanno ceduto davanti alle vendite online o alle formule ibride.

Ma questi fenomeni stanno decisamente interessando anche il mercato farmaceutico.

Ne sono esempio la crescita del mercato e-commerce, delle parafarmacie, dei drugstore e dei corner nei supermercati.

[Ce ne siamo occupati in questo blog: leggi l’articolo]

Probabilmente il modello retail nel settore farmaceutico ha ancora, almeno sul nostro mercato nazionale, una sua tenuta per il forte rapporto che il farmacista (o parafarmacista), instaura con il cliente/paziente, rapporto che previlegia il legame con il territorio rispetto al valore immateriale del marchio o brand.

Tuttavia è il modello della grande catena che sembra aver bisogno di essere ripensato.

Lo scenario evolutivo indica che può nascere un nuovo modello di farmacia

Uno scenario di evoluzione, che potrà essere favorito dall’aggregazione di soggetti diversi, come i farmacisti/rivenditori, le case di cura e residenze per anziani, così come gli altri modelli intermedi di clinica, sarà probabilmente favorito dalla introduzione definitiva di servizi che migliorino l’aderenza terapeutica o i modelli di integrazione tra professionisti.

Nell’articolo citato sopra si suggerisce di pensare a un modello meno spersonalizzato e fondato sul solo valore del brand, guardando con interesse alla nascita di: «gruppi locali meno grandi ma integrati nel sistema regionale con l’obiettivo di diventare farmacie di comunità che lavorano sulla presa in carico del paziente, sull’aderenza alla terapia, sul supporto al paziente cronico e in definitiva sulla fiducia con il cliente-paziente, che non viene gestito solo da sofisticati meccanismi di Crm ma anche da farmacisti che lo conoscono personalmente».

In questo scenario anche le piccole operazioni di sviluppo e di M&A del settore acquistano una importanza strategica decisiva, proprio perché salvaguardano i valori dell’aderenza territoriale, della snellezza della governance e quindi sono, più premianti, anche in termini di utili.